I titoli tecnologici stanno attraversando un periodo critico in questo periodo a Wall Street. Basti pensare che solo nella giornata di martedì 28 settembre le 7 Big Tech che comprendono Amazon, Apple, Facebook, Netflix, Microsoft, Google e Nvidia hanno bruciato 315 miliardi di dollari, come mai era successo da ottobre 2020.
A determinare questo sentiment ribassista degli operatori è il rialzo dei rendimenti dei titoli del Tesoro USA a 10 anni, balzati sopra l'1,5%, al massimo degli ultimi 3 mesi. Se in passato le turbolenze nel mercato dei tassi dei T-Note e nelle quotazioni del settore tecnologico si sono rivelate temporanee, adesso la cosa sembra essere diversa. Ciò che è cambiata è l'indicazione data dalla Fed sul tapering: prima della fine dell'anno sarà annunciata una stretta monetaria, che potrebbe partire anche nel 2021.
Fino ad oggi infatti la Banca Centrale americana si era mostrata vaga, facendo credere che in realtà la sua politica accomodante potesse durare ancora a lungo. Adesso si sa con certezza che non è più così. L'inflazione non sarà un fenomeno che si esaurisce in poco tempo, almeno finché perdurano le distorsioni nel mercato delle materie prime e dell'approvvigionamento dei semiconduttori.
A rigor di logica non avrebbe quindi molto senso continuare con un tale espansionismo monetario alimentando il rischio di surriscaldare l'economia. Il ritiro di denaro in circolazione da parte dell'istituto centrale costituirà l'anticamera per il rialzo dei tassi, forse anche prima del 2023. Il mercato sta semplicemente scontando questa eventualità.
Titoli tech: 3 motivi per cui soffrono il rialzo dei tassi
Sono essenzialmente 3 le ragioni per cui a rendimenti elevati dell'obbligazionario corrispondono vendite in Borsa per le azioni tecnologiche. La prima sta nel fatto che tassi più alti significano aspettative maggiori sui prezzi dei beni al consumo, che non fanno altro che riflettere la forte domanda che vi è nell'economia.
Questo porta vantaggio alle società mature i cui profitti dipendono dal ciclo economico, come le aziende petrolifere, le finanziarie e i produttori di beni di consumo. Quindi in Borsa vi sarà uno spostamento di denaro verso le azioni value a scapito dei titoli growth, rappresentivi delle aziende tecnologiche che sono focalizzate nella creazione di valore nel lungo periodo.
La seconda motivazione riguarda il finanziamento della crescita. Un rialzo dei tassi equivale a un costo dei prestiti più sostenuto per supportare gli investimenti. È questo essenzialmente il motivo per cui il rally dei titoli tech è stato imperioso in tutti questi anni in cui la spesa sostenuta per prendere a prestito era praticamente zero.
La terza ragione consiste nel valore attuale dei flussi reddituali futuri. Le aziende tecnologiche investono a lungo termine, quindi se crescono i tassi a 10 anni i flussi scontano a condizioni peggiori, rendendo oggi meno preziosi i profitti aziendali conseguiti in futuro.
Azioni tech: bisogna continuare a comprarle?
Cosa potrà succedere da questo momento sul mercato riguardo ai titoli tecnologici? Shawn Snyder, responsabile della strategia di investimento presso Citi US Consumer Wealth Management, sta consigliando ai clienti di optare per altre aziende in Borsa, come quelle sanitarie, più al riparo dal rialzo dei tassi.
Secondo l'esperto, quest'anno gli investitori hanno continuato a credere nella tecnologia, tornando a comprare le azioni questa estate dopo la pausa dei primi mesi dell'anno. Questo ha contribuito a mantenere alte valutazioni che, con le prospettive future sui rendimenti, difficilmente continueranno a essere tali.
A giudizio di Leslie Thompson, Amministratore di Spectrum Management Group, questi segnali di vendita sono preoccupanti perché dimostrano che il mercato può colpire anche le società forti in qualsiasi momento. Tuttavia, Thompson suggerisce ancora società come Microsoft e Google agli investitori, nonostante l'aumento dei rendimenti, soprattutto per l'assenza di alternative veramente interessanti.