Dopo l'ennesima seduta negativa di venerdì scorso dell'indice S&P 500, Wall Street sta per chiudere il mese di marzo in pesante passivo. L'inflazione americana è tornata a salire, con l'indice dei prezzi PCE riferito al mese di febbraio che, in versione "core", è salito al 2,8% a fronte di attese fissate al 2,7%. Gli investitori sono terrorizzati dall'idea che negli Stati Uniti possa manifestarsi una fase
stagflazione, ovvero una condizione economica caratterizzata da recessione e inflazione.
La prospettiva di una flessione dell'economia a stelle e strisce è frutto della guerra commerciale scatenata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Gli ultimi dati macroeconomici in USA rafforzano uno scenario recessivo. Nel contempo, le tariffe rischiano di innescare nuovamente meccanismi inflazionistici.
In questo modo, la
Federal Reserve si trova nella scomoda posizione di dover tenere i tassi alti per evitare l'esplosione dei prezzi anche se mette a repentaglio l'economia del Paese di fronte a una minaccia recessiva. Il 2 aprile scatteranno le nuove tariffe, a partire dai dazi generalizzati del 25% su Messico e Canada, proseguendo con tariffe della stessa misura sulle auto per tutti Paesi, per chiudere con i
dazi reciproci.
Wall Street: UBS prevede ancora perdite
Il terremoto creato dai dazi trumpiani si sta riflettendo con tutta la sua potenza sui mercati finanziari, in particolare a Wall Street dove il sentiment degli investitori si è notevolmente deteriorato. Secondo gli analisti di UBS, "i mercati obbligazionari e azionari si stanno adattando alla crescente probabilità di aumenti tariffari e al loro potenziale impatto economico". A loro giudizio, le pressioni stagflazionistiche continueranno e porteranno l'indice S&P 500 a un ulteriore calo di circa tre punti percentuali.
In questo contesto agitato, la banca svizzera predilige i titoli delle società aurifere ed energetiche rispetto soprattutto ai finanziari. L'oro infatti continua a macinare record storici perché gli investitori ne riconoscono il ruolo di bene rifugio. Per quanto riguarda le società energetiche, nelle ultime sedute hanno sfruttato in Borsa l'aumento delle quotazioni del petrolio (+1,4% nell'ultima settimana per Brent e WTI).
Gli analisti avvertono anche che in Europa, i prezzi di mercato delle azioni "non riflettono pienamente il potenziale impatto dei dazi". Quindi, "poiché le aspettative sugli utili potrebbero essere ulteriormente riviste al ribasso, le azioni sensibili ai dazi rischiano un ulteriore calo del 10%", hanno aggiunto gli esperti.