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Nessuna svalutazione da Pechino

02 mag 2024 - 17:00

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Lenta e inesorabili prosegue la svalutazione della valuta cinese ma i timori di una guerra valutaria appaiono infondati. Vediamo perché

C’è il rischio di una guerra valutaria in Asia? Alcuni analisti stanno cominciando ad interrogarsi se due pesi massimi come Cina e Giappone non potrebbero andare allo scontro su un terreno sul quale ambo le parti hanno grande esperienza.

 

Tassi versus economia, il dilemma di Giappone e Cina

Lo sbriciolamento dello yen non ha trovato finora più di un timido approccio (il rialzo dei tassi da parte della banca centrale) da parte nipponica, qualcosa che il mercato giudica insufficiente alla luce di tassi reali ancora negativi e nessuna volontà apparente della BOJ di difendere il cambio, salvo qualche aggiustamento marginale per frenare la volatilità. Gongolano le aziende esportatrici e fino a quando l’inflazione non darà segni concreti di voler superare la soglia media del 2% l’impressione è che lo yen continuerà a subire il tono dovish della BOJ.

Dall’altra parte c’è una Cina che teoricamente ha una crescita superiore al 5%, ma praticamente si trova in deflazione da tempo con una valuta locale debole ma tenuta a galla da rendimenti reali positivi. L’ostinata volontà di Pechino di non cedere a facili ribassi nel costo del denaro che potrebbero riaccendere la speculazione su un settore già oggetto di “pulizia” come quello immobiliare, ma anche il timore di fughe disordinate di capitali, ha portato alla situazione attuale.

Ci si chiede se ad un certo punto anche la banca centrale cinese non capitolerà abbassando i tassi per rilanciare crescita e inflazione. A quel punto però l’effetto collaterale non indifferente sarebbe quello di indebolire un renminbi già oggi in acque non certamente sicure.

Dubito che questa svalutazione cinese arriverà in tempi brevi. Gli sforzi per rendere la valuta nazionale un punto di riferimento per i mercati internazionali dei capitali risulterebbe vanificato. L’export tutto sommato non sta battendo in testa e il surplus commerciale non richiede altre svalutazioni. Già considerato dagli USA un manipolatore di cambi, la Cina muovendosi sul cambio non farebbeche acuire le tensioni commerciali.

 

 

USDCNY: il quadro tecnico

Più probabile una lenta ma strisciante perdita di valore, soprattutto contro dollaro con il cambio UsdCny che già da tempo ha preso una strada rialzista dopo aver toccato un minimo a 6,3 due anni fa. Il grafico conferma che a suon di minimi crescenti UsdCny continuerà a puntare la sua prua verso l’alto grazie ad un differenziale tassi che rende poco interessante andare lunghi di Cny.

 

Grafico USDCNY

 

Un passaggio a 7,4 non lo escludo, così come un nuovo avvicinamento a quota 8 potrebbe essere possibile contro euro. Una politica di easing monetario soft potrebbe avvantaggiare i bond cinesi il cui carry appare però modesto a fronte di una divisa che non sembra fornire grandi garanzie di rivalutazione in tempi brevi. Per andare long di renminbi ci sarà ancora da aspettare.

 

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