Le preoccupazioni per il debito sovrano della zona Euro non sono mai tramontate del tutto. Da quando nel 2015
Mario Draghi lanciò il famoso
"whatever it takes", gli spread tra i bund tedeschi e i titoli di Stato dei Paesi più a rischio sono stati tenuti sotto controllo, ma
pronti a riesplodere non appena si avvertiva il minimo segnale che la situazione potesse sfuggire di mano.
Da allora ad oggi però sono cambiate diverse cose. L'Europa era più disunita dal punto di vista politico e consumava lo scontro tra il fronte intransigente degli Stati del Nord capitanato dall'austera Germania di Angela Merkel e quello dell'area mediterranea che vedeva Italia e Spagna i principali rappresentanti. Nel mezzo vi era la Francia, che si barcamenava tra una sponda e l'altra senza una direzione precisa.
Il lavoro che ha dovuto sostenere Mario Draghi, allora a capo della
Banca Centrale Europea, è stato enorme e ci è voluta tutta la sua autorevolezza per resistere a qualsiasi pressione esterna e andare avanti nel suo obiettivo di
stabilizzare l'euro e l'eurozona per mezzo della politica sui prezzi. La pandemia ha portato tante sciagure ma
almeno è servita a unire l'Europa, pur con qualche contrasto che a molti appare quasi fisiologico. Quello che è cambiato però rispetto alla
crisi del 2011 è che
l'epicentro stavolta non è la Grecia, ma l'Italia. E questo cambia enormemente le carte in tavola.
Adesso come allora, il debito pubblico italiano è a ridosso del 150% del PIL, avvicinandosi a grandi falcate verso il limite di sostenibilità. Il punto è che questo livello richiede una BCE sempre pronta a fare da diga ogni qualvolta si agitano le acque del mercato, perché solo un piccolo aumento dei rendimenti obbligazionari pesa come un macigno. Infatti, non appena l'Eurotower ha profilato il primo aumento dei tassi d'interesse dopo 10 anni si è scatenato il panico nel mercato dei BTP, con il rendimento dei titoli decennali che si è fiondato a oltre il 4%.
La domanda è: cosa sarebbe successo se il Governatore della BCE
Christine Lagarde non avesse convocato una riunione d'emergenza, annunciando che la Banca Centrale avrebbe fatto di tutto per
evitare la frammentazione del debito? Con ogni probabilità il rendimento dei BTP decennali sarebbe arrivato al 5% o 6%. Una situazione non dissimile a quella del 2011, quando si toccarono vette del 7%, che costarono la decapitazione del Governo Berlusconi.
BCE: stroncare sul nascere rischio frammentazione
Una nuova crisi dell'eurozona potrà essere quindi evitata? Il problema di fondo è che oggi Lagarde ha a che fare con un variabile impazzita che 7 anni fa Draghi non aveva, ovvero
l'inflazione. Nell'area euro l'indice dei prezzi al consumo ha varcato la soglia dell'8%, il che implica che non solo il
quantitative easing non può essere riproposto, ma
quello in essere deve giungere al termine.
La sfida dell'ex-
FMI, quindi, è quella di creare uno schema programmatico dove da un lato corrono obbligazioni sovrane europee sicure come quelle tedesche e dall'altro titoli di Stato per cui viene determinato uno spread ritenuto accettabile. L'impegno della BCE a far rispettare questo spread è già una cosa enorme, in un contesto macroeconomico e di mercato estremamente difficile. In altri termini, Francoforte si proporrebbe a
diventare il market maker per i titoli sovrani più a rischio, in primis quelli italiani.
Tuttavia, ancora molti dubbi rimangono e richiedono un chiarimento nelle prossime settimane dall'istituto centrale. Ad esempio, come verranno emessi i BTP nel mercato primario e a quale prezzo? Come si comporterà la BCE, posto che non potrà essere prestatore di ultima istanza? O meglio, quali leve adotterà al riguardo? Lagarde aveva parlato di strumenti appropriati sia durante l'ultima riunione ufficiale del Board, sia nell'occasione della riunione di emergenza. Ma grandi dettagli ancora non se ne vedono.
Davanti al Parlamento Europeo ha ribadito il concetto che qualsiasi rischio di frammentazione deve essere stroncato sul nascere. "La frammentazione sarà affrontata se si presenta il rischio di essa; e lo si farà con gli strumenti adeguati, con l'adeguata flessibilità; sarà efficace; sarà proporzionato; sarà all'interno del nostro mandato e chiunque dubiti di questa determinazione commetterà un grosso errore". Parole queste del numero uno dell'Eurotower che riecheggiano quelle pronunciate dal suo predecessore 7 anni fa. Il problema è se saranno credute dai mercati.