Su rischio e diversificazione negli investimenti si sono consumati fiumi di inchiostro da parte dei più grandi economisti ed esperti di finanza di tutto il mondo. I due concetti sono sempre stati considerati in maniera correlata, ovvero più si aumenta la diversificazione in un portafoglio di investimento più si riduce il rischio. Quest'ultimo, secondo la moderna teoria di portafoglio, viene concepito come la volatilità del prezzo del titolo.
Warren Buffett ha una diversa concezione del rischio, esattamente come considera il valore della diversificazione in maniera differente da quella della stragrande maggioranza degli investitori. In tutti i suoi investimenti l'oracolo di Omaha non si è mai curato troppo di covarianza di titoli e di strategie volte alla riduzione dell'oscillazione dei rendimenti.
Inoltre, si è sempre ispirato al concetto che i mercati sono inefficienti, a differenza di quanto sostenuto da molti teorici della finanza secondo cui in ogni momento le quotazioni riflettono tutte le informazioni.
Il concetto di rischio secondo Warren Buffett
Warren Buffett considera il rischio come un qualcosa di slegato dal comportamento di un titolo in Borsa, quindi non attinente alla volatilità dello stesso. A suo avviso, il rischio non è altro che la probabilità che un'azione diminuisca il suo valore intrinseco. Anche sul concetto di valore intrinseco, le opinioni di Buffett divergono da quelle della maggior parte di economisti e investitori.
Il pensiero ricorrente definisce il valore intrinseco come l'attualizzazione dei flussi degli utili futuri di un'azienda al tasso di interesse dei titoli di Stato corretto per il rischio. Il re del value investing invece sostituisce il concetto di utile con quello di
owner earning, ossia l'utile netto più ammortamenti e svalutazioni e meno il Capex. Per arrivare al valore intrinseco rapporta il valore ottenuto al rendimento dei Treasury a lunga scadenza.
Tornando al rischio, per Buffett questo è legato all'orizzonte temporale. In sostanza, se si acquistano azioni oggi con l'idea di venderle domani, si sta facendo un'attività rischiosa, con una probabilità di profitto pari a quella del lancio di una monetina. Se invece si fa una valutazione meditata e ragionevole prima di acquistare un'azione, in un'ottica di lungo periodo, inevitabilmente il rischio tende a ridursi. Quant'è l'orizzonte temporale affinché il rischio venga effettivamente abbassato? Buffett considera almeno un periodo di 5 anni, ma se sono 10 anni è ancora meglio.
La diversificazione secondo Warren Buffett
I ragionamenti che Buffett fa sul rischio sono simili a quelli che applica alla diversificazione, se lo scopo di questa è proprio di ridurre il rischio. La moderna teoria del portafoglio indica che effettuare un'ampia diversificazione di titoli non correlati o correlati in maniera negativa comporta una mitigazione della volatilità e quindi del rischio. Se si fa un ragionamento di lungo termine, alcuni concetti vengono a cadere, secondo Buffett. Cioè si finisce per preoccuparsi molto meno della volatilità.
In linea di massima, il 94enne miliardario non ha nulla in contrario alla diversificazione, ma solo se non si sa o non si vuole valutare un'azienda. In tal caso, però, l'approccio più saggio è quello di comprare un indice azionario e riprodurre i suoi rendimenti sfruttando l'interesse composto derivante dal reinvestimento dei profitti.
Se invece ci si vuole impegnare per comprendere un'azienda e il suo valore intrinseco rispetto a quello di mercato, un'ampia diversificazione è anche controproducente. In una delle sue massime, Buffett affermava che "se si identificano sei aziende meravigliose, investire in una settima, anziché mettere soldi nella prima, sarebbe un errore gravissimo. Questa forma di diversificazione/concentrazione può ridurre il rischio ma a patto di incrementare l'intensità dell'impegno e il livello di fiducia nelle aziende che si possiedono".
Il concetto di Buffett sulla diversificazione è stato ricavato dagli insegnamenti dei suoi mentori: Benjamin Graham e Philip Fisher. In particolare quest'ultimo affermava di non aver mai detenuto più di una decina di titoli in portafoglio, con 3 o 4 che rappresentavano il 75% del paniere.