Il rapporto di Warren Buffett con le banche è stato un po' croce e delizia. Il leggendario investitore non è stato mai un grande fan del settore finanziario, per diverse ragioni che poi vedremo. Tuttavia, ha investito in alcuni istituti di credito, destando in più di un caso molto stupore a Wall Street. Il credo del magnate della finanza però non è mai stato tradito in nessuna delle occasioni, per quanto in qualche circostanza si sia fatto qualche piccolo strappo alla regola mantenendo comunque la linea guida di tutti gli investimenti.
Di base Buffett preferisce aziende di qualità, con una storia di profitti alle spalle, ben gestite e che abbiano potenzialità di crescita in futuro. Partendo da questo principio, investe solo se il prezzo è invitante, ovvero se
la quotazione delle azioni è notevolmente inferiore al loro valore intrinseco. Questo permette di avere un
margine di sicurezza - concetto appreso dal suo mentore
Benjamin Graham - che crea un cuscinetto qualora sia stato fatto qualche errore nel processo di valutazione.
Warren Buffett: quando acquistare una banca
Buffett di norma non ama le aziende che producono un bene o servizio indifferenziato, perché sono maggiormente attaccabili dalla concorrenza e quindi devono districarsi tra margini risicati. In ragione di questo, si è appassionato di aziende come Coca-Cola ed Apple, perché il loro brand permette di creare un fossato, ossia una fortezza che tiene lontani i competitor. Le banche invece non hanno queste caratteristiche.
Tra l'altro, una società come Coca-Cola è molto difficile che fallisca; una banca in teoria potrebbe collassare in caso di una tempesta sui mercati finanziari o con l'economia in recessione. Tuttavia, Buffett ritiene che affinché si verifichi una situazione del genere, l'istituto fallito deve essere guidato da un management incompetente, che ha commesso errori marchiani come concedere finanziamenti che nessun banchiere ragionevole prenderebbe mai in considerazione.
Quindi, il management nel settore bancario riveste un ruolo estremamente importante per rendere redditizio l'investimento. A suo avviso, se i vertici fanno il loro lavoro con diligenza, il ritorno sul capitale investito nelle banche può essere anche del 20% in un anno, che è superiore rispetto alla redditività media della maggior parte delle imprese. "Se sei una banca, non devi necessariamente essere il numero uno, ma l'importante è che gestisci bene gli asset, le sofferenze e i costi", sostiene Buffett. Questo riesce a compensare il limite - che è lo stesso per le assicurazioni su cui egli ha puntato - di fornire un bene indifferenziato.
Alcuni casi
L'oracolo di Omaha ebbe una brutta esperienza con Salomon Brothers, una banca d'investimento di New York di cui acquistò una quota del 12% per 700 milioni di dollari nel 1987. Tre anni più tardi ci fu un caso che mise in subbuglio la reputazione della banca: un trader aveva effettuato offerte maggiori del consentito all'asta sui titoli del Tesoro USA. Il governo americano minacciò di escludere l'istituto di credito dalle aste e addirittura di chiudere la banca. Ciò avrebbe creato un danno enorme all'investimento di Buffett, oltre che alla sua reputazione. Intanto il governo comminò una multa alla banca di 290 milioni di dollari.
La cosa che infastidì Buffett fu il fatto che l'allora Amministratore delegato di Salomon Brothers, John Gutfreund, non prese alcun provvedimento nei confronti del dipendente, che poi finì in prigione. Fu a quel punto che Buffett prese in mano la situazione costringendo il CEO alle dimissioni per ricostruire l'immagine della banca. Famoso fu il discorso che tenne di fronte ai dipendenti dell'istituto finanziario, che poi ripeté in una testimonianza sul caso davanti al Congresso. "Se perdi denaro per l'azienda sarà comprensivo, ma se le fai perdere solo un briciolo di reputazione non avrò alcuna pietà".
Quanto successe andò a cozzare contro uno dei principi sacri nel business di Buffett: agire sempre con onestà e trasparenza. Ad ogni modo, l'investimento in Salomon Brothers risultò molto profittevole per la Berkshire Hathaway, il conglomerato finanziario che Buffett controlla e guida dal 1965. Nel 1997, quando la società di Omaha vendette le azioni della banca, realizzò un profitto circa del 100%.
Nel 1991 Buffett si imbatté in un'altra banca, Wells Fargo, in un contesto molto difficile. All'epoca in California stava per scoppiare una bolla immobiliare con annessa recessione e l'istituto finanziario americano rischiava di contabilizzare una valanga di perdite in bilancio a causa delle sue esposizioni. Gli hedge fund stavano puntando decisamente contro la banca, con lo short interest - la quota di azioni vendute allo scoperto sul totale in circolazione - arrivato a un picco del 77%. Il titolo Wells Fargo colava a picco a Wall Street, ma ciò non impressionò il re del value investing, che investì 289 milioni di dollari per il 10% della banca. Con quella operazione, la Berkshire ne divenne il principale azionista.
La mossa di Buffett fu un po' azzardata, come lui stesso ammise in seguito affermando di aver sottovalutato sia la gravità della recessione in California sia i problemi immobiliari della banca. Tuttavia, vedeva del valore in Wells Fargo e in particolare fu convinto dalla competenza del management.
All'epoca Wells Fargo era gestita da Carl Reichardt, che secondo Buffett agiva a beneficio degli azionisti, per quanto non avesse attuato grandi politiche di dividendi e riacquisti di azioni. Il top manager però sapeva controllare i costi e, una volta reso il business profittevole, si mise alla ricerca di nuovi modi per incrementare gli utili. L'investimento in Wells Fargo andò bene. Appena due anni più tardi, le azioni salirono a più del doppio rispetto al prezzo a cui Buffett le aveva acquistate.
Nel 2011 il re di Wall Street mise in campo un'altra operazione che lasciò attoniti gli esperti di mercato. Stavolta si trattò di un altro grande colosso bancario statunitense: Bank of America. L'istituto finanziario stava provando a riprendersi dalla terrificante crisi dei mutui subprime del 2008. Le azioni però avevano perso oltre il 95% dal picco del 2006 e davano pochi segnali di ripresa. Buffett però andò oltre, confidando nelle grandi qualità dell'allora Amministratore delegato Brian T. Moynihan, che aveva da poco rimpiazzato il dimissionario Ken Lewis.
Inizialmente la Berkshire investì 5 miliardi di dollari in azioni privilegiate con un dividendo annuo del 6% e opzioni per 700 milioni di dollari da esercitare entro il 2021 a un prezzo di 7,14 dollari. Nel 2017, quando la banca fu rimessa in sesto e divenne redditizia, Buffett decise di convertire le azioni privilegiate in ordinarie e di esercitare l'opzione sulle azioni, che intanto ora valevano 23,58 dollari ciascuna. Ancora una volta il leggendario investitore aveva visto giusto.
Warren Buffett fu coinvolto anche nel caso Lehman Brothers, la big bank americana fallita che fu l'epicentro della grande crisi del 2008. Quando ancora il disastro non si era consumato, l'allora Segretario del Tesoro Henry Paulson contattò Buffett per chiedergli aiuto ed evitare la catastrofe. Il capo di Berkshire propose un investimento in azioni privilegiate con un dividendo del 9%, ma l'allora Amministratore delegato di Lehman Brothers, Richard Fuld rifiutò categoricamente. Come andò a finire, è cosa nota a tutti.