Sono passati diversi anni da quando il premier cinese Xi Jinping ha affermato che "le case in Cina sono per viverci e non per speculare". Questa dichiarazione ha preparato il terreno poco tempo dopo per la più feroce campagna repressiva sul settore immobiliare della storia cinese. Il governo ha tagliato le fonti di finanziamento ai costruttori immobiliari, togliendo l'ossigeno a un'intera industria che rappresenta ancora un quarto dell'economia del Dragone.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: il mercato immobiliare vive da tre anni un'agonìa che sembra non finire mai. Pechino da un po' di tempo è tornata gradualmente sui suoi passi con vari tentativi di salvataggio, dando però sempre l'impressione di non esporsi troppo in nome della "prosperità comune" voluta dal suo presidente.
Ieri il governo è passato all'artiglieria pesante svelando il piano di cui si è parlato durante la settimana per risollevare il moribondo settore edile. "Il settore immobiliare è legato all'interesse delle masse e alla questione più grande dello sviluppo economico", ha dichiarato il vice premier He Lifeng, sottolineando la necessità di portare avanti i tre grandi progetti relativi agli alloggi a prezzi accessibili, alla ristrutturazione urbana e alle infrastrutture pubbliche.
Cina: ecco le misure previste per il mercato immobiliare
Il pacchetto di sostegno messo in campo dal governo abbraccia alcuni aspetti su cui il mercato immobiliare manifesta da tempo punti di debolezza. Il più importante riguarda l'acquisto delle case invendute da parte delle aziende statali, con la conversione successiva in alloggi a prezzi accessibili. Questo con lo scopo di rianimare una domanda morente ormai da diverso tempo che rende sovrabbondante la quantità di immobili vuoti.
La People's Bank of China avrà un ruolo cruciale mettendo in campo ben 300 miliardi di yuan, pari a 42 miliardi di dollari, per far arrivare la liquidità alle imprese sostenute dal governo. Il programma prevede finanziamenti a basso costo agli istituti di credito per un valore pari al 60% dei prestiti bancari concessi alle aziende pubbliche per l'acquisto delle case invendute. In questo modo, gli sviluppatori immobiliari potrebbero completare la costruzione di altri appartamenti.
Alla fine, il programma di prestiti per le abitazioni arriverà a complessivi 500 miliardi di yuan. Sarà sufficiente? In media gli analisti stimano che occorrono tra i 1.000 e i 5.000 miliardi di yuan per risolvere il problema del disallineamento tra domanda e offerta di case; quindi lo sforzo del governo potrebbe non bastare. "Alla fine il governo è intervenuto come acquirente di ultima istanza", ma le risorse messe in campo "potrebbero essere troppo limitate per spostare l'ago della bilancia a livello macro", ha affermato Larry Hu, capo economista di Macquarie. "Più avanti, potremmo vedere maggiori sforzi da parte dell'autorità centrale".
Contestualmente la Banca centrale ha abolito il livello minimo dei tassi di interesse per i mutui per la prima e la seconda casa a livello nazionale. "Le filiali locali della Banca centrale possono decidere il livello minimo dei mutui commerciali in modo indipendente e le istituzioni finanziarie dovrebbero decidere correttamente i tassi di interesse in base alle condizioni operative aziendali e ai rischi dei clienti", ha affermato la PBoC. Inoltre, la Cina taglierà dal 20% al 15% il rapporto di acconto minimo per gli acquirenti cinesi di prima casa e dal 30% al 25% quello per l'acquisto della seconda casa da parte dei residenti.
Il rischio per le banche cinesi
Questa politica di accomodamento monetario per gli immobili messa in atto dalla Banca centrale sotto la regìa governativa potrebbe alla fine creare qualche effetto indesiderato per il settore bancario cinese.
Intanto, gli istituti di credito resteranno esposti, in quanto non è detto che il mercato immobiliare si rimetta in moto invertendo la tendenza strutturale che dura da diversi anni. "Se il piano non sarà eseguito correttamente, è improbabile che sarà in grado di stimolare la domanda", ha affermato Shen Meng, direttore della banca d'investimento Chanson & Co. con sede a Pechino.
In secondo luogo, le banche cinesi vedono assottigliarsi il margine di interesse netto, con i costi di finanziamento più bassi. Tale margine alla fine dello scorso anno aveva raggiunto il minimo storico dell'1,69%, al di sotto di quell'1,8% considerato necessario per garantire una buona redditività.