Mercoledì 22 maggio 2024 la Camera dei Rappresentanti statunitense ha approvato il Financial Innovation and Technology for the 21st Century Act, abbreviato in FIT21, un disegno di legge che per la prima volta regolamenta il mercato delle criptovalute. I voti favorevoli sono stati 279, di cui 208 repubblicani e 71 democratici; mentre i contrari sono risultati 136, ovvero 3 repubblicani e 133 democratici.
La votazione ora passerà al Senato, dove l'esito è molto più incerto, e poi avverrà la promulgazione da parte del presidente degli Stati Uniti Joe Biden. L'inquilino della Casa Bianca è contrario al disegno di legge, ma ha dichiarato che non metterà il veto come fece allorché il Congresso cercò di ribaltare la decisione della Securities and Exchange Commission per stabilire una politica contabile in merito alle criptovalute. Il FIT21 arriva in un momento cruciale per le criptovalute, con la SEC che quest’anno ha approvato i primi ETF spot su Bitcoin a seguito di 10 anni di lotte e potrebbe dare il via libera definitivo sugli stessi strumenti riguardo Ethereum.
FIT21: cosa prevede il disegno di legge
Il FIT21 è una proposta di legge avanzata per la prima volta a giugno 2023 dai repubblicani, ma avallata anche da una buona parte dei democratici, con lo scopo di fare chiarezza circa la regolamentazione delle criptovalute in modo da colmare le lacune esistenti e tutelare i consumatori. Nello stesso tempo, l'obiettivo è quello di favorire lo sviluppo e l'innovazione degli asset digitali negli Stati Uniti. Si tratterebbe di un passo avanti importante per tutta l'industria crittografica, che avrebbe un ulteriore riconoscimento a livello istituzionale. In sostanza, la legge USA si incentra su tre aspetti chiave:
- la chiarezza regolamentare;
- la protezione dei consumatori;
- il sostegno all'innovazione.
La chiarezza regolamentare definisce i rapporti tra la Commodity Futures Trading Commission (CFTC) e la Securities and Exchange Commission, individuando ruoli e responsabilità. In breve, la CFTC regolerà gli asset digitali come commodity "se la blockchain sottostante è funzionale e decentralizzata", proprio perché in questo caso gli asset digitali si qualificano come materie prime. Secondo quanto stabilito dal disegno di legge, la blockchain è decentralizzata se non c'è un'autorità di controllo della stessa o del suo utilizzo, e non c'è alcun soggetto che detiene almeno il 20% dell'asset digitale o del suo potere di voto. Gli asset devono essere emessi esclusivamente tramite il funzionamento programmatico della blockchain, come il mining, lo staking o gli airdrop. Inoltre, gli affiliati non devono avere la capacità di impedire agli utenti di eseguire specifiche azioni come distribuire software integrati, configurare un nodo o partecipare alla governance decentralizzata. Infine, gli affiliati non devono aver commercializzato l’asset come investimento negli ultimi tre mesi, né apportato modifiche sostanziali al codice sorgente della blockchain, salvo che queste siano miglioramenti tecnici adottati tramite governance decentralizzata.
La SEC invece si occuperà della sovrintendenza degli asset digitali intesi come securities "se la blockchain sottostate non è decentralizzata". Tuttavia, ci sono delle eccezioni per alcuni asset digitali che limitano le vendite annuali, limitano l'accesso agli investitori non accreditati e soddisfano specifici criteri di divulgazione e conformità. Nel mondo delle criptovalute, alcune blockchain come Cardano soddisfano pienamente i criteri di decentralizzazione, mentre altre tipo Binance e Solana potrebbero andare incontro a ostacoli importanti.
Ad ogni modo, per essere classificata come commodity digitale, l'emittente di asset digitali deve informare la SEC che considera l'asset digitale decentralizzato e fornire motivazioni. L'authority poi ha 60 giorni di tempo per rispondere. C'è da dire che in passato la questione della doppia regolamentazione delle criptovalute da parte della SEC e della CFTC è stata un punto dolente negli Stati Uniti, se non altro per il fatto che la SEC è considerata particolarmente rigorosa, mentre la CFTC molto più morbida.
La protezione dei consumatori comporta disposizioni per gli sviluppatori di asset digitali e per le istituzioni che forniscono servizi come exchange, broker e dealer. I primi devono fornire informazioni dettagliate circa i loro progetti attinenti alle criptovalute. Le seconde devono obbligatoriamente segregare i fondi dei clienti, ovvero separarli dai propri, nonché ridurre i conflitti di interesse attraverso requisiti di registrazione, divulgazione e operativi.
Il sostegno all'innovazione consiste in un percorso chiaro nella raccolta dei fondi da parte degli sviluppatori di asset digitali e nella determinazione delle transazioni che ricadono nella giurisdizione della SEC e della CFTC. Ad esempio, la legge suggerisce che la raccolta di fondi pubblici possa essere condotta con alcuni requisiti: una valutazione inferiore a 75 milioni di dollari e una partecipazione al dettaglio inferiore al 10%. Inoltre sottolinea anche l'opportunità per la prossima generazione di Internet di essere progettata dagli americani.
L'opposizione della SEC
Ancora una volta la SEC, impersonata dal suo intransigente presidente Gary Gensler, si è mostrata contraria a un piano anche legislativo che cerca di regolamentare le criptovalute. Da sempre Gensler si è opposto a qualsiasi tentativo dell'industria crittografica di prendere piede nel mondo della finanza. Molti hanno accusato l'autorità di regolamentazione finanziaria di comminare multe a soggetti come Coinbase, Ripple e Uniswap, senza prendersi la briga di fornire chiarimenti regolamentari su come comportarsi.
Anche in merito all'approvazione degli ETF spot sul Bitcoin, la SEC ha eretto un muro per 10 anni piegandosi solamente dopo una sconfitta in tribunale nei confronti del gestore patrimoniale Grayscale Investments. Riguardo il FIT21, Gensler si era espresso con toni pesanti prima dell'approvazione del disegno di legge alla Camera, sostenendo che l'atto "creerebbe nuove lacune normative e minerebbe decenni di precedenti in materia di supervisione dei contratti di investimento“, finendo per "mettere a rischio gli investitori e i mercati dei capitali".