Dalla COP28 il nucleare esce rafforzato. Come investire con ETF | Investire.biz

Dalla COP28 il nucleare esce rafforzato. Come investire con ETF

19 gen 2024 - 10:00

19 gen 2024 - 10:00

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Un accordo molto importante tra 22 Paesi sembra far riemergere l'industria nucleare come attore primario nella lotta al cambiamento climatico. Come investire con ETF

Il realismo è tornato a sedere tra i tavoli della recente COP28 di Dubai con il nucleare che ritrova un posto privilegiato tra le fonti non fossili che il mondo deve utilizzare per combattere il cambiamento climatico. Soprattutto le centrali sono il modo più rapido per incidere su un processo di emissioni di CO2 in atmosfera che, nonostante i tempi di costruzione più lunghi, utilizzando esclusivamente fonti rinnovabili diventerebbe utopistico.

Appurato che le energie rinnovabili sono ancora troppo costose, ma soprattutto non sufficienti per raggiungere gli obiettivi, 22 Paesi tra cui Stati Uniti, Francia, Giappone e Regno Unito, si sono impegnati a triplicare la produzione di energia nucleare entro il 2050 costruendo nuove centrali o migliorando quelle attuali.

Naturalmente gli ostacoli anche ambientali (vedi alla voce scorie) del processo di fissione nucleare sono tanti, compresi costi e tempi. Inoltre, la nuova tecnologia di fusione nucleare potrebbe da un momento all’altro rendere antieconomico questo sistema di produzione di energia.

Il prezzo dell’uranio sui mercati è risalito notevolmente negli ultimi mesi e lo stesso hanno fatto gli ETF che investono nella tecnologia nucleare.

 

 

Investire sul nucleare con gli ETF

Fondamentalmente sono tre quelli quotati in Europa, con il più capitalizzato che risulta quello di HanEtf Sprott Uranium Miners che nell’ultimo anno ha guadagnato oltre il 60%. Sopra i 100 milioni di euro di capitalizzazione anche per l’ETF di Global X Uranium. Chiude il lotto VanEck Uranium and Nuclear Tecnologies partito da meno di un anno.

I primi due ETF tematici sono stati quotati nel 2022 e hanno costi decisamente importanti per essere strumenti passivi. Per HanEtf 0,85% all’anno, per Global X 0,65%. Più cheap VanEck a 0,55%. Le differenze tra i tre strumenti sono comunque notevoli.

HanEtf replica società globali attive nell'esplorazione, estrazione e/o raffinazione dell'uranio. A dire il vero c’è anche l’investimento in uranio fisico (13%) tramite un ETC mentre le prime due società per peso sono la kazaka NAC (16%) e la canadese Cameco (14%) con il Canada a fare la parte del leone con il 48% del portafoglio quanto a esposizione geografica dello strumento.

L’ETF di Global X replica anch’esso un indice composto da società attive in qualche aspetto dell’industria dell’uranio, come l’estrazione, la raffinazione, l’esplorazione, la produzione di attrezzature per l’industria dell’uranio, le tecnologie correlate all’industria dell’uranio o la produzione di componenti nucleari. Il Fondo può anche investire in società che non traggono una percentuale significativa di ricavi da attività legate all’industria dell’uranio, ma che generano grandi ricavi assoluti dall’industria dell’uranio.

Per molti aspetti simile al portafoglio di HanEtf con l’uranio fisico al 12% e Cameco addirittura al 24%. Presente tra i primi titoli anche la kazaka Nac al 5% e Nexgen Energy al 6%. Attenzione però alle valutazioni visto che il rapporto prezzo utili sfiora quota 40 per una volatilità del 36%.

Infine il terzo ETF da seguire è quello di VanEck. Di nuovo vengono rimodulate con pesi diversi le stesse società che troviamo nei due ETF precedenti (l’uranio fisico è al 5%, Cameco al 18%, ma esce la presenza kazaka) con il Canada sempre protagonista con il 33% del portafoglio seguito da Stati Uniti al 30% e Giappone al 21%. Più contenute le valutazioni (23 il rapporto prezzo utili) del paniere di titoli aggregato. Come indicato nel KID nel paniere entrano società che generano almeno il 50% dei propri ricavi dall'uranio (comprese le miniere di uranio o progetti minerari che hanno il potenziale di generare almeno il 50% dei loro ricavi dall'uranio una volta sviluppati), o con almeno il 50% dei ricavi da infrastrutture per l'energia nucleare. Questo terzo ETF sembra essere probabilmente quello più equilibrato anche come diversificazione geografica e di emittenti.

Tre ETF molto recenti sui quali non ha gran senso fare un’analisi di tipo storico ma solo prospettico. Sembra che nei cuori degli investitori le energie rinnovabili stanno lasciando il passo a quelle nucleari. Il futuro ci dirà dove sta la ragione, ma con questi ETF è possibile scendere in campo sul tema nucleare con una discreta copertura sulle principale società mondiali.

 

 

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