Paradossalmente una delle vittime del recente e importante rialzo dei tassi di interesse si chiama non oro ma azioni aurifere. Mentre il valore del metallo giallo volava verso i 200 dollari l’oncia, le azioni aurifere, a parte un timido rimbalzo, hanno ripreso la strada del ribasso.
La classica “riserva di valore” non ha sofferto più di tanto il combinato dollaro forte e aumento dei rendimenti FED, un mix che avrebbe dovuto essere micidiale per un asset privo di cedola che tradizionalmente va bene quando i rendimenti reali scendono, non salgono come sta succedendo ora.
Ma i mercati guardano avanti e la prospettiva di una FED più morbida ha dato vigore al metallo giallo. Non alle società che lo estraggono dalle viscere della Terra.
ETF azioni aurifere: in arrivo opportunità di acquisto?
Uno degli ETF più capitalizzati e diffusi sul mercato è il VanEck Gold Miners che replica le società dell'industria globale dell’estrazione di oro ed argento che generano almeno il 50% dei propri ricavi da questo settore.
A differenza però del metallo giallo che è riuscito nel 2023 a superare i massimi di 2.000 dollari l’oncia del 2022, le azioni aurifere sono rimaste molto più indietro non riuscendo ad avvicinare il massimo dell’anno precedente, ma soprattutto ben lontane dai massimi del 2020. Una delle cause è da ricercare nella bassa profittabilità causata dall’impennata dei prezzi dell’energia, voce di costo determinante nell’estrazione dell’oro.
L’ETF di VanEck è a replica fisica e costa lo 0,53% all’anno ma patisce, come la maggior parte dei settoriali, di una importante concentrazione nei primi 10 titoli che rappresentano il 60% dell’intero paniere. Newmont, Barrick e Franco-Nevada sono tre compagnie che da sole si prendono il 25% del totale dell’ETF. A livello di esposizione geografica domina il Canada con il 50% del peso, seguito da Stati Uniti e Australia con il 16% a testa.
Controverso, come detto, l’andamento del settore negli ultimi anni. Praticamente flat l’ultimo anno, decisamente negativo il bilancio a 3 anni (-17%), positivo quello a 5 anni (+58%).
Gli indici che misurano le valutazioni del settore sono in territorio neutrale. Le 50 società presenti nell’ETF hanno un rapporto prezzo utili medio di 20 e un rapporto prezzo valore di libro di 1,5.
Andando ad analizzare il grafico dell’ETF ci accorgiamo subito che è in corso un tentativo di inversione di tendenza. Dopo l’ennesimo tentativo fallito a maggio di violare la tendenza a formare massimi decrescenti, l’ETF è andato ad abbattere nei giorni scorsi un importante supporto che potrebbe a questo punto spingere i prezzi verso un fondamentale supporto che unisce i minimi del 2018, 2020 e 2022.
Sarà quella, eventualmente, una ghiotta opportunità per aumentare l’esposizione nel settore che di fatto investe a leva sul prezzo dell’oro.