In linea con la sua fama di oracolo, Warren Buffett è già da qualche tempo che ha deciso di puntare sull’azionariato giapponese. Escludendo gli Stati Uniti, l’esposizione al Giappone non ha eguali nel portafoglio della Berkshire Hathaway. Ovviamente i movimenti di Buffett hanno la capacità di alimentare afflussi e deflussi che mettono in moto profezie auto-avveranti: se il guru sceglie un titolo o un mercato per investire al rialzo, il codazzo di investitori che seguono le sue scelte permetterà all’investimento di avere successo a prescindere.
L’effetto-Buffett rappresenta certamente uno dei fattori che ha permesso all’indice Nikkei di spingersi sui massimi dal luglio del 1990. A favorire l’attrattività del mercato del Sol Levante troviamo anche un contesto di valutazioni interessanti, fondamentali macroeconomici in miglioramento, il ritorno degli investitori esteri e la ridefinizione delle catene di approvvigionamento globale. Proviamo a vedere più in dettaglio le ragioni per investire sul mercato giapponese.
Perchè investire sul mercato giapponese: valutazioni ancora a sconto
Per anni, le azioni delle società giapponesi non sono risultate particolarmente appetibili a causa di rendimenti del capitale proprio particolarmente bassi, di un’avversione al cambiamento connaturata nelle aziende e degli scarsi ritorni per gli azionisti: questo le ha portate a scambiare a sconto sia rispetto alle medie storiche che nel confronto con gli altri maggiori mercati azionari. Anche alle attuali valutazioni, circa la metà dei titoli giapponesi è scambiata a un prezzo inferiore al valore contabile.
Sulla base del rapporto prezzo-utili (P/E) a 12 mesi, le valutazioni dei titoli giapponesi appaiono a buon mercato rispetto a quelle degli altri maggiori mercati (non a caso Buffett non si è lasciato scappare l’occasione), e nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di aziende di elevata qualità. Un ulteriore fattore positivo che depone a favore dell’azionariato giapponese è rappresentato dal processo di rinnovamento delle politiche aziendali, che negli ultimi anni hanno iniziato, anche grazie alle spinte in questo senso arrivate dai fondi attivisti, a remunerare di più gli azionisti (sia tramite i piani di buyback che per mezzo della distribuzione dei dividendi).
Perchè investire sul mercato giapponese: il contesto macro
Dopo decenni di deflazione, che ha frenato i consumi, reso più pesante l’elevatissimo debito pubblico ed intaccato gli utili delle aziende, i prezzi giapponesi negli ultimi anni sono tornati a crescere. Ad aprile l’inflazione di fondo si è attestata al 3,4%, un livello decisamente accettabile se confrontato con quello delle altre maggiori economie.
Buone nuove per i fondamentali macroeconomici dovrebbero arrivare anche dall’eliminazione tardiva delle misure per il contenimento della pandemia, che devono ancora dispiegare tutto il loro potenziale in termini di consumi e di ritorno del turismo. Stimato allo 0,7%, il Pil del primo trimestre ha più che doppiato il consenso salendo dell’1,6%.
Perchè investire sul mercato giapponese: il ritorno degli investitori esteri
Dopo anni di deflussi, i dati relativi alle ultime settimane hanno evidenziato afflussi netti da parte degli investitori stranieri. Da un recente sondaggio di Bank of America è emerso che gli investitori, sia quelli al dettaglio che gli istituzionali, sono ancora fortemente sottopesati agli asset giapponesi.
Uno degli aspetti più interessanti delle ultime settimane è stato il processo di rotazione dall’azionario americano e cinese, che presentano valutazioni elevate ed outlook macroeconomici più incerti, verso il mercato giapponese.
Perchè investire sul mercato giapponese: la ridefinizione delle supply chain
L’ultimo motivo che ha favorito e che potrebbe continuare a favorire un investimento nelle azioni giapponesi è rappresentato dal contesto geopolitico: la posizione pro-Russia delle autorità cinesi, che sembrerebbero star tarando le posizioni in vista dello scontro su Taiwan, allontana le aziende occidentali dal Dragone e le spinge a ridefinire le catene di approvvigionamento o quantomeno a creare un “backup” in caso di escalation della tensione.
Nikkei: i livelli per fare trading
Già testata a febbraio ed a settembre 2021, l’area dei 30.600-30.700 punti è stata recentemente violata permettendo al Nikkei di tornare sui livelli visti per l’ultima volta nel mese di giugno del 1990. Un segnale della solidità del rialzo (per la serie “questa volta è diverso”) è arrivato dal breakout di quota 30mila, una soglia che in passato aveva fatto arenare più di un trend rialzista.
Una correzione in direzione dei 30.600 punti potrebbe essere sfruttata per un’operazione long con target fissato a 31.900 punti. I trader più aggressivi potrebbero anche puntare su un rally in direzione dei top della primavera di 33 anni fa a 33.100. Lo stop loss potrebbe essere fissato a 29.400 punti.
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