La Teoria di Dow è stata elaborata nel 1897 dal giornalista americano Charles Dow, fondatore del Wall Street Journal e, insieme a Edward Jones, dell'indice borsistico Dow Jones. L'obiettivo era quello di razionalizzare le tendenze di mercato dando loro un sostegno dal punto di vista analitico. Vediamo quindi in cosa consiste questa teoria, a cosa serve e anche quali sono i suoi limiti nell'applicazione.
Teoria di Dow: cos'è e a cosa serve
La Teoria di Dow è un metodo analitico per catturare le tendenze del mercato azionario a Wall Street sia nei movimenti al rialzo, che in quelli al ribasso e laterali. Per farlo, mette a confronto il Dow Jones Industrial Average, che comprende 30 titoli di diversi comparti industriali selezionati sulla base di criteri di prezzo, e il Dow Jones Transportation Average, costituito da 20 titoli del settore dei trasporti.
Dal movimento di questi due indici si avrà il responso sulla sostenibilità di un trend. In sostanza, i cali o i rialzi del primo devono trovare conferma nei cali o nei rialzi del secondo per validare un trend. Ciò partendo dal presupposto che i prezzi delle azioni abbiano già incorporato tutte le informazioni note al mercato. Ovviamente possono subentrare fatti e notizie che al momento non si conoscono e che quindi fanno adattare i prezzi alle nuove condizioni.
Si possono individuare tre tipi di tendenze da validare attraverso la Teoria di Dow:
- primarie, che durano a lungo termine;
- secondarie, di durata da alcune settimane a qualche mese;
- minori, che si esauriscono nell'arco di poche settimane o addirittura giorni.
Le primarie sono quelle più stabili. Il trend post crisi 2008 ne è una dimostrazione, dal momento che, eccezion fatta per poche pause (tipo la tempesta per il Covid-19 del 2020), è durato fino ad oggi. Le secondarie sono frutto più che altro di un calo temporaneo dovuto a un ritracciamento di un trend di lungo periodo. Quelle minori, invece, si basano essenzialmente su rumors che hanno l'effetto di destabilizzare il mercato momentaneamente prima di riprendere il suo corso.
Ogni tendenza, rialzista o ribassista che sia, ha tre fasi. Una è quella di accumulo, in cui gli investitori iniziano ad acquistare perché i prezzi sono troppo bassi o a vendere perché sono troppo alti. Una seconda è quella di partecipazioni pubblica, nella quale il movimento dei prezzi attira sempre più investitori ad acquistare o vendere sul mercato spinti rispettivamente dall'euforia o dalla paura. Una terza fase riguarda l'eccesso, ossia una situazione in cui si raggiunge il picco nel trend al rialzo o il fondo in quello al ribasso e quindi gli investitori decidono che è ora di invertire il corso.
Queste situazioni trovano conferma attraverso la Teoria di Dow, secondo cui il trend è valido se i due indici di cui sopra si muovono nella stessa direzione. Se ciò non avviene, il trend potrebbe perdere di affidabilità. Contestualmente, è importante valutare il volume nel mercato. Se ad esempio, durante la fase rialzista, il volume aumenta e i due indici fanno lo stesso, allora è molto probabile che il rally abbia ancora gambe per correre. Nel caso si registri una riduzione di volume, ci potrebbe essere il segnale che il trend si stia indebolendo.
Un'altra spia da non trascurare è quando il trend smette di fare nuovi massimi o nuovi minimi. A quel punto, le indicazioni provenienti dalla Teoria di Dow possono supportare il concetto che si sia di fronte a un cambio di rotta.
Quindi, la teoria serve ad aiutare i trader a riconoscere, comprendere, prevedere e confermare le tendenze di mercato, in modo da prendere decisioni informate su quando entrare o uscire. In definitiva, fornisce una struttura per l'analisi dei movimenti delle azioni che permette di effettuare migliori strategie di investimento e ottenere maggiori performance dal trading.
Teoria di Dow: alcuni limiti
I critici della Teoria di Dow sostengono che oggi non è più applicabile, in quanto l'economia americana è cambiata. In sostanza, il metodo cerca conferma di un movimento nell'andamento dei titoli industriali e dei trasporti, ma in realtà l'economia è più guidata dai servizi e dalla tecnologia. A questo si aggiungono altri limiti di carattere generico, quali:
- mancanza di precisione, poiché la teoria non fornisce previsioni specifiche ma una linea guida sulla continuazione o meno di un trend. Di conseguenza, il trader non può aspettarsi di ricevere dei punti di entrata o uscita da una posizione;
- ritardo nei segnali, visto che il metodo si basa sui movimenti di prezzo passati. In altri termini, i segnali arrivano solo una volta che i trend sono in corso, il che implica opportunità mancate di cogliere il movimento quando si sta formando o reazioni tardive ai cambiamenti;
- confusione, derivante dal fatto che la teoria richiede la conferma di due indici. Se questa non arriva, il trader rimane disorientato su dove potrà indirizzarsi il mercato in quanto non ci sono poi ulteriori indicazioni. Ciò espone a una certa soggettività nel valutare i prossimi movimenti;
- efficacia solo per le azioni, dal momento che l'indicatore è inerente esclusivamente al Dow e non può essere applicato per altri asset;
- solo segnali tecnici, perché vengono trascurati gli aspetti fondamentali che stanno alla base di un trend del mercato, come le condizioni generali dell'economia, i risultati delle trimestrali e altri fatti di carattere generale che impattano sul quadro economico e geopolitico.
In conclusione
Tirando le somme, la Teoria di Dow offre delle informazioni agli operatori di mercato solo per avere conferma di una tendenza in atto, aiutandoli a comprendere i movimenti generali. Tuttavia, non determina nulla in effetti. Accende solo una spia alla quale sta poi al trader dare la giusta importanza. In conclusione, il metodo dovrà essere combinato con altri strumenti di analisi tecnica e fondamentale per ottimizzare il processo decisionale in tema di investimenti.