Tonfo per il prezzo del rame, che venerdì scorso in pochi minuti sul mercato del London Metal Exchange è arrivato a perdere ben 77 punti percentuali.
Il crollo è riconducibile, ha spiegato l’agenzia Bloomberg, ad un problema al sistema di trasmissione dei prezzi: in corrispondenza della chiusura delle contrattazioni nella seconda sessione, ci sarebbe stato un errore nell’immissione dei dati.
Con il prezzo finale che è stato fissato a 9.130 dollari per tonnellata, il flusso dati del LME ha rilevato un prezzo di 2.130 dollari. Nel riconoscere l’errore, il LME ha chiesto ai rivenditori dei flussi di dati di aggiornare il flusso dei prezzi.
Non è la prima volta che sul mercato londinese si registrano problemi di questo tipo: nel 2022 disservizi ci sono stati sul mercato del nickel, nelle stanze di compensazione e, ad inizio anno, il sistema elettronico era stato messo al tappeto da un problema tecnico.
Rame: le stime sui prezzi 2023
Per provare a stimare quello che sarà l’andamento dei prezzi del rame sarà fondamentale capire quale forza, tra il rallentamento occidentale e la riapertura dell’economia cinese, avrà la meglio. È probabile che nella seconda metà dell’anno avremo il motore cinese a pieno regime e le maggiori banche centrali dovrebbero aver terminato il percorso di normalizzazione.
In questo contesto, il rame, che per la sua correlazione con il ciclo economico è spesso chiamato “Dr. Copper”, sembrerebbe destinato a salire. Anche perché rappresenta uno dei metalli cardine della nuova mobilità elettrica: un’auto con un motore di nuova generazione necessita di una quantità di rame 4-5 volte superiore rispetto ad una equipaggiata con motore termico.
Indicazioni positive arrivano anche dal lato dell’offerta, visto che ormai da anni, anche a causa dell’avanzata delle politiche verdi, gli investimenti nel settore sono in costante diminuzione.
In un recente studio sul comparto delle commodity, gli analisti di Goldman Sachs hanno evidenziato che “nel 2022 la spesa in conto capitale tra le aziende minerarie è stata inferiore di quasi il 50% rispetto ai picchi toccati una decina di anni fa, mentre le interruzioni all’offerta dovrebbero attestarsi a 1,6 milioni di tonnellate nel 2023, un livello record”.
Nelle ultime settimane, a ridurre l’output sono state sia le proteste in Perù, che hanno fatto scendere la produzione in due siti minerari, e sia le tensioni tra First Quantum Minerals ed il governo panamense, che potrebbe far scendere la capacità annua di 300 mila tonnellate. Indicazioni rialziste arrivano anche dal Cile, dove i produttori si trovano a fronteggiare un deterioramento qualitativo dell’offerta, manutenzioni degli impianti e minori forniture idriche.
Uniti alle notizie in arrivo dalla Cina, questi fattori hanno spinto i prezzi sopra i 9 mila dollari ma, in linea con il presumibile andamento dell’economia, le quotazioni del rame nei prossimi mesi sono viste in riduzione sotto gli 8.500 dollari. In linea con l’andamento dell’economia, nel secondo semestre i prezzi dovrebbero tornare a salire, consolidando i guadagni nel 2024.