I prezzi del gas in Europa sono tornati ai livelli precedenti allo scoppio della guerra Russia-Ucraina. Alla Borsa di Amsterdam hanno chiuso la settimana poco sopra i 40 euro, una cifra ancora superiore rispetto alla media storica, ma lontanissima dal top di 340 dollari registrato sul mercato olandese ad agosto 2022, quando si era in piena emergenza di forniture.
Quest'anno l'Europa è riuscita a superare brillantemente la stagione invernale grazie alle temperature miti, al rapido riempimento degli stoccaggi e alla sostituzione di parte del gas russo con il GNL statunitense e di altri Paesi come Algeria, Qatar e Congo. Il punto è se il prossimo inverno sarà indolore come quest'anno oppure riemergeranno i problemi che si sono fatti sentire nei primi mesi dall'invasione ucraina.
Gas naturale: la domanda prevista in crescita
Il crollo dei prezzi del gas ha rimesso in moto la domanda, che sta lentamente crescendo. Secondo la banca svedese SEB, quest'anno il rimbalzo delle richieste potrebbe spingere i prezzi del combustibile oltre i 100 euro a megawattora. Per Maeva Cousin, economista senior dell'area euro presso Bloomberg Economics, "costi energetici più bassi, combinati con una domanda più forte grazie alla riapertura della Cina, nel 2023 permetteranno alla produzione industriale di fornire un contributo positivo alla crescita nell'Area Euro".
Goldman Sachs ritiene che la produzione industriale riprenderà ritmo a partire dalla fine di questo mese accelerando la richiesta di gas naturale. Gli esperti di Energy Aspects invece risultano più cauti: "ci vorrà del tempo prima che le tariffe dei fornitori di gas scendano a sufficienza e per un periodo sostenibile per portare i manager a decidere di riprendere la produzione".
Alcune aziende però si stanno spostando
Un aspetto che però mette dei dubbi sulla ripresa della domanda e quindi delle quotazioni del gas, è relativo al fatto che diversi impianti produttivi si stanno progressivamente spostando verso parti del mondo in cui i costi energetici sono più bassi. Ad esempio, le aziende chimiche BASF SE, Dow Inc. e Lanxess AG sono pronte a tagliare migliaia di posti di lavoro, trasferendo gli investimenti fuori dalla Germania. Il motivo è che non hanno aspettative che le forniture energetiche tedesche siano effettuate in maniera affidabile a prezzi vicini a quelli che un tempo pagavano per il gas russo.
Inoltre, c'è un altro fatto poco rassicurante: da un sondaggio dell'associazione chimica tedesca VCI di inizio 2023 è emerso che quasi il 50% delle aziende del Paese prevede un taglio degli investimenti in Germania quest'anno, proprio a causa degli elevati costi energetici. In un rapporto di questo mese, VCI ha scritto che "le prospettive per il futuro si sono un po' migliorate nella terza industria più grande della Germania. Il forte calo dei prezzi dell'energia e delle materie prime negli ultimi mesi ha stabilizzato la situazione in cui il fondo sembra essere stato raggiunto. A differenza della pandemia o della crisi economica globale, questa volta non ci sarà una ripresa potente".