Da quando
Donald Trump è diventato ufficialmente presidente degli Stati Uniti con l'inaugurazione del 20 gennaio, l'oro ha eclissato altri asset importanti nei mercati finanziari. Da allora il metallo giallo ha guadagnato il 5,88%, raggiungendo questo mese un
record storico di circa 2.968 dollari l'oncia.
Per fare un paragone, l'indice S&P 500 a Wall Street è avanzato solamente dell'1,97% nello stesso periodo. Il grande rally dell'oro è iniziato a settembre 2022 e ha portato finora a un incremento delle quotazioni di circa 70 punti percentuali.
Ciò nonostante nel frattempo le Banche centrali abbiano tenuto alti i tassi di interesse, il che fa aumentare il costo opportunità della detenzione del metallo. Quest'ultimo infatti è un asset non redditizio perché non produce dividendi o interessi per l'investitore.
Tale inconveniente però è stato compensato dalla sua grande funzione di bene rifugio, rafforzata dalle guerre in Medio Oriente e in Ucraina, nonché dalle tensioni a livello geopolitico per diversi conflitti in atto di natura commerciale.
Proprio gli istituti centrali negli ultimi anni hanno fatto incetta di lingotti aumentando le loro riserve a livelli record, facendo in questo modo aumentare la domanda generale e quindi i prezzi. Secondo i dati del World Gold Council, essi hanno acquistato oltre 1.000 tonnellate di oro nel 2024 per il terzo anno consecutivo.
Oro: è diventato un Trump trade?
Attualmente l'oro è considerato un Trump trade, esattamente come fino a poche settimane fa lo era il dollaro USA. La differenza è che mentre il biglietto verde recentemente ha perso posizioni, il metallo prezioso ha continuato a crescere.
Proprio l'indebolimento della valuta americana ha dato man forte al trend positivo dell'oro. La materia prima è quotata in dollari e quindi gli investitori non americani trovano più conveniente comprarla se il dollaro si indebolisce.
Gli investitori sono preoccupati per i dazi USA, perché temono che una guerra commerciale possa colpire la crescita globale alimentando così la domanda di beni rifugio. "Più tariffe ci saranno, più questo sconvolgerà il commercio mondiale, e meglio sarà per l'oro", ha affermato James Steel, analista di metalli preziosi presso HSBC.
A suo avviso, ci sono stati altri esempi simili che hanno innescato la corsa del mercato a comprare asset sicuri, come la pandemia da Covid-19 e la crisi finanziaria globale. Anche Nicky Shiels, analista della raffineria d'oro MKS Pamp, è d'accordo sul fatto che il metallo sia diventato un Trump trade. "C'è una correlazione positiva tra i titoli dei dazi e i prezzi dell'oro che salgono", ha detto.
In un contesto in cui le incertezze sono molte, Trevor Greetham, responsabile del multi-asset di Royal London Asset Management, ritiene che l'oro possa fungere "da copertura geopolitica, contro l'inflazione e per il dollaro". Mentre "le Banche centrali e gli acquisti al dettaglio spingono il prezzo più in alto".
Oro: obiettivo 3.000 dollari
Gli investitori vedono ora la soglia psicologica di 3.000 dollari alla portata, oltre la quale il rally potrebbe anche intensificarsi. Alcune banche hanno aggiornato i loro target rispetto a dicembre, in considerazione proprio dell'impeto rialzista che contraddistingue il metallo. UBS e Citigroup hanno portato l'obiettivo di prezzo proprio a 3.000 dollari l'oncia la scorsa settimana, citando gli acquisti delle Banche centrali come fattore chiave nell'ambito della diversificazione delle attività.
"Molto chiaramente il mercato ti sta dicendo che c'è solo una valuta di riserva in questo mondo, ed è quella che i politici non possono stampare, cioè l'oro", ha affermato Mark Bristow, amministratore delegato del gigante minerario Barrick Gold.