Nelle casse di Micron Technology sono in arrivo 13,6 miliardi di dollari dal governo degli Stati Uniti. L'amministrazione Biden prevede di elargire 6,1 miliardi di dollari sottoforma di sovvenzioni e 7,5 miliardi di dollari in prestiti per la costruzione di nuovi impianti di chip in territorio americano. Nello specifico, l'azienda con sede a Boise, Idaho, ha un piano di investimento che ammonta a 125 miliardi di dollari per cinque fabbriche, di cui quattro nello Stato di New York e una nell'Idaho.
Tuttavia, solo tre riceveranno la copertura dall'accordo di oggi: un impianto già in costruzione a Boise, che sarà attivo a partire dal 2026; e due stabilimenti nell'area di Syracuse a New York, di cui deve ancora iniziare la costruzione e la cui messa in produzione partirà nel 2028 e nel 2029. Le altre due strutture di New York invece sono fuori dal piano.
Prima che il denaro arrivi a Micron Technology, comunque, occorre effettuare una fase di due diligence, il che significa che passeranno mesi prima del completamento delle operazioni. Una volta terminata la procedura, l'erogazione avverrà gradualmente nel tempo attraverso una distribuzione in tranche in rapporto agli obiettivi aziendali di costruzione e produzione raggiunti.
Chip: gli obiettivi del governo USA
I contributi del governo americano rientrano nel programma Chips and Science Act del 2022, che prevede in totale 114 miliardi di dollari (39 miliardi di sovvenzioni e 75 miliardi di prestiti) per sostenere la produzione di chip nel Paese. Sulla base di quanto riferito dal Segretario del Dipartimento al Commercio USA, Gina Raimondo, i produttori di semiconduttori avanzati avevano richiesto oltre il doppio rispetto alla cifra messa a disposizione dal governo.
Finora l'importo stanziato in sovvenzioni ha raggiunto la quota di 27,6 miliardi di dollari dei 39 miliardi promessi per i chip di fascia alta. Le aziende che beneficeranno di questa manna riguardano oltre Micron, anche Intel, Taiwan Semiconductor Manufacturing Co. e Samsung Electronics, tutti impegnati in progetti molto ambiziosi per rafforzare gli Stati Uniti come punto di riferimento mondiale per i semiconduttori.
"Non possiamo far produrre questi chip all'estero e lasciare che siano prodotti da concorrenti come la Cina", ha affermato il senatore Chuck Schumer. L'amministrazione Biden si è posta come target il 20% della produzione mondiale dei chip all'avanguardia negli Stati Uniti entro la fine del decennio, provando a spostare il baricentro dall'Asia, che in questo momento ha il dominio con la taiwanese TSMC.
Micron Technology: cosa significa l'accordo
Micron Technolgy è il più grande produttore di chip di memoria al mondo, cioè di una parte vitale che alimenta una serie ampia di dispositivi, dagli smartphone ai PC, e funziona in armonia con i processori di Nvidia e Intel. I più innovativi prodotti HBM3E di Micron, integrati con le GPU H200 di Nvidia, alimentano i data center alla base dell'intelligenza artificiale generativa.
Grazie al denaro pubblico, l'azienda avrà la possibilità di espandere al produzione in USA per la prima volta in più di 20 anni, unendo le strutture americane a quelle già presenti in Giappone, Taiwan e Singapore. Dal progetto di costruzione degli stabilimenti, Micron darà lavoro a 20 mila persone, riporta il Dipartimento del Commercio, e il denaro che riceverà per 40 milioni di dollari è destinato alla formazione del personale.
Tuttavia, l'azienda opera in un campo in cui i prezzi sono molto volatili, in quanto i componenti dei chip di memoria vengono costruiti in funzione delle specifiche del settore. Ciò implica che una certa instabilità del mercato, tra carenze ed eccessi, può rendere difficile ottenere una redditività sostenuta. Ad esempio, nel 2023 Micron ha subito una perdita di oltre 5 miliardi di dollari, un anno dopo aver realizzato guadagni enormi.
Nel maggio dello scorso anno, il colosso americano è entrato nel mirino delle sanzioni della Cyberspace Administration cinese, che ha vietato agli operatori di infrastrutture cruciali di utilizzare i suoi chip per motivi di sicurezza come forma di ritorsione nei confronti degli Stati Uniti per le strette imposte alla Cina sui chip di fascia alta.