Mentre è alla ricerca di fondi per finanziare la prossima legge di bilancio, il governo italiano ha messo nel mirino il settore delle criptovalute. Dal prossimo anno, la tassazione sulle plusvalenze da Bitcoin e altre cripto superiori a 2.000 euro potrebbe passare dal 26% al 42%, percentuale che farebbe delle criptovalute l'asset finanziario più costoso in Italia.
A dirlo è stato questa settimana il viceministro dell'Economia, Maurizio Leo. È evidente che la misura potrebbe colpire un’ampia platea di contribuenti. Infatti, secondo i calcoli dell’Osservatorio Blockchain and Web3 della School of Management del Politecnico di Milano, riportati dal Corriere Della Sera, sono oltre 3,6 milioni i cittadini italiani in possesso di criptovalute o token.
Il governo “attacca” le cripto, per alcuni non è un caso
La mossa a sorpresa del governo non arriva di certo in un momento casuale. Con il recente aumento del valore degli asset digitali, gli investitori italiani hanno cominciato a monetizzare le loro posizioni. Lo ha confermato l’OAM, l’organismo agenti e mediatori che tiene conto dei broker attivi in Italia.
Alla fine del secondo trimestre del 2024, ha spiegato l'organismo solo pochi giorni fa, sono 1,3 milioni gli italiani che possiedono token nei loro portafogli digitali, per un controvalore complessivo degli asset di 2,2 miliardi di euro, in calo del 22% rispetto al trimestre precedente (2,7 miliardi di euro).
I commenti degli esperti del settore
Secondo Ferdinando Ametrano, CEO di Checksig, “l'imposta sostitutiva al 42% prevista per il 2025 sarebbe fiscalmente discriminatoria e quindi iniqua, probabilmente anche incostituzionale”. “Come tutte le idee mal concepite, avrebbe l'effetto dannoso di far fuggire i capitali cripto dall'Italia, creando distorsioni di mercato e inducendo gli investitori a realizzare il capital gain entro la fine del 2024.
Per Ametrano la mossa del governo “creerebbe uno squilibrio irragionevole rispetto agli investimenti in ETP, ETC e ETF Bitcoin, che sono tassati al 26%. Infine, il danno per l'industria italiana che fornisce servizi in ambito cripto sarebbe enorme”.
Medesimo il pensiero anche di Gianluca Sommariva, CEO e co-fondatore di Hodlie, il quale ha affermato che “un aumento della tassazione al 42% sulle plusvalenze rappresenterebbe un duro colpo, specialmente per i piccoli investitori, che si troverebbero a dover affrontare una delle tassazioni più alte a livello globale”.
Sommariva ha inoltre evidenziato che chi compra criptovalute attraverso gli ETF che replicano l'andamento di Bitcoin ed Ethereum potrebbe “eludere il problema” visto che “continuerebbero ad essere tassati al 26%”.
Tra trading e investimenti, ecco come non pagare il 42% di tasse
Sebbene, al momento l’entrata in vigore dell’aliquota del 42% non è certa, dal momento che la conferma ufficiale arriverà solo con l’approvazione della manovra finanziaria per il 2025, i piccoli risparmiatori e appassionati di criptovalute stanno già correndo ai ripari.
Sfuggire all’aumento delle tasse su Bitcoin è facile: è infatti sufficiente utilizzare i derivati (ad esempio Certificati, CFD, future) o gli ETP, ETC ed ETF Bitcoin, come segnalato in questi giorni da diversi esperti del settore. Le plusvalenze ottenute tramite questi strumenti prevedono infatti la consueta tassazione al 26%.
Quindi, in sostanza, nulla cambia a chi volesse investire o speculare sul prezzo di Bitcoin e altre criptovalute in Italia utilizzando prodotti derivati rispetto a chi invece lo facesse spot sugli exchange. Una valida alternativa all’operatività presso i vari exchange potrebbe essere quella di prendere posizione su Bitcoin e altre cripto su broker che consentono di operare con i CFD, come ad esempio IG, oppure sfruttare i certificati, in base alla disponibilità dei prodotti da parte dei vari emittenti.
Per chi avesse invece una visione di più lungo periodo potrebbe prendere in considerazione i vari Exchange-Traded Product (ETP) su criptovalute domiciliati in Europa e quotati su molte Borse del Vecchio Continente, tra cui Euronext Paris, Euronext Amsterdam, XETRA e SIX Swiss Exchange. Di seguito elenchiamo i 10 maggiori ETP domiciliati in Europa.
N. |
Nome |
Ticker |
1 |
ETC Group Physical Bitcoin |
BTCE |
2 |
XBT Provider Bitcoin Tracker EUR ETN |
XBTE |
3 |
XBT Provider Bitcoin Tracker One ETN |
XBT |
4 |
CoinShares Physical Bitcoin (BTC) |
BITC |
5 |
21Shares Bitcoin ETP |
ABTC |
6 |
WisdomTree Physical Bitcoin ETC |
BTCW |
7 |
VanEck Bitcoin ETN A |
VBTC |
8 |
Invesco Physical Bitcoin ETN |
BTIC |
9 |
SEBA Bitcoin ETP |
SBTCU |
10 |
21Shares Bitcoin Core ETP |
CBTC |
Le differenze principali con gli ETF riguardano ad esempio il trattamento fiscale. Gli ETP sono infatti tassati come le azioni ordinarie nella sezione redditi diversi della dichiarazione dei redditi, quindi con questi strumenti è possibile compensare plusvalenze e minusvalenze.
In sostanza, gli investitori italiani potrebbero ovviare al problema posizionandosi su questi ETP, purché il proprio broker/intermediario offra la possibilità di farlo. Tra le piattaforme che forniscono questa possibilità ci sono, ad esempio: Directa SIM, Fineco, Banca Sella, Webank, Scalable Capital e Degiro.