L’ultimo Rapporto mondiale sui salari pubblicato dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) fotografa una realtà drammatica per l’Italia: dal 2008 a oggi i salari reali sono diminuiti dell’8,7%, facendo del nostro Paese il fanalino di coda tra le economie del G20. Nessun altro membro del gruppo ha registrato una performance peggiore in termini di potere d’acquisto nel lungo periodo. Nonostante ciò, l'indice FTSE MIB fa segnare una delle migliori performance del 2025 tra tutti gli indici finanziari mondiali.
Italia: una dinamica salariale negativa senza pari
Mentre molte economie avanzate hanno recuperato, seppur parzialmente, il terreno perso durante le crisi degli anni passati, l’Italia ha continuato a zoppicare. Le retribuzioni nominali, nonostante un incremento del 15% nel decennio, non sono riuscite a tenere il passo con l’inflazione: il risultato è un calo del potere d’acquisto del 5%. Ancora più preoccupante è il fatto che la produttività del lavoro in Italia, tra il 1999 e il 2021, è addirittura diminuita del 3%, contro una crescita media del 30% nei Paesi ad alto reddito.
Fonte: Organizzazione Internazionale del Lavoro
Il dato italiano si scontra con altre realtà del G20 che, pur con difficoltà, hanno mostrato una dinamica migliore:
- Austria: +4%
- Finlandia: +6%
- Germania: +14%
- Corea del Sud: +20%
La Repubblica di Corea rappresenta l’eccezione virtuosa, con una crescita salariale reale del 20% dal 2008, segno che politiche mirate e investimenti in capitale umano possono produrre risultati concreti.
La Germania, invece, nonostante gli ultimi anni negativi, è comunque cresciuta del +14% in termini di salari reali dal 2012.
Un rimbalzo nel 2024: troppo poco, troppo tardi
Nel 2024 i salari reali in Italia sono cresciuti del 2,3%, segnando un’inversione rispetto ai cali del 2022 (-3,3%) e del 2023 (-3,2%). Un dato positivo, che tuttavia non compensa 17 anni di stagnazione e declino. La crescita del 2024 ha superato di 1,4 punti la media delle economie avanzate del G20, ma rimane un rimbalzo tecnico, non strutturale.
L’Italia non ha un salario minimo legale: la determinazione dei compensi avviene attraverso la contrattazione collettiva. L’ILO sottolinea come questo meccanismo, pur fondamentale, non sia più sufficiente a garantire livelli di retribuzione adeguati, soprattutto in presenza di un’inflazione elevata e persistente.
Nel frattempo, sette milioni di lavoratori attendono il rinnovo del contratto collettivo e fenomeni estremi di “lavoro povero” emergono anche nei contesti più formali: in alcuni casi, si parla di stipendi da 300 euro al mese. In altri, addirittura, di lavoratori che pagano per lavorare.
Donne e migranti: luci e ombre
Un segnale relativamente positivo arriva dal gender gap, con un divario salariale del 9,3%, inferiore alla media UE e in lieve miglioramento rispetto al 10,2% del 2006. Tuttavia, questa riduzione è solo parziale, anche perché le donne in Italia continuano a lavorare in media meno ore degli uomini.
Molto più critica, invece, la situazione dei lavoratori stranieri: guadagnano il 26,3% in meno rispetto agli italiani, secondo l’ILO. Una differenza che evidenzia una struttura occupazionale diseguale e un mercato del lavoro che non riesce ancora a garantire equità e inclusione.
Il rapporto dell’ILO è chiaro: continuare a perdere potere d’acquisto significa indebolire le fondamenta economiche e sociali del Paese. Il 2024 potrebbe essere stato l’inizio di un’inversione di tendenza. Ma senza scelte coraggiose e strutturali, rischia di restare una parentesi.
Indice italiano sotto la lente: cosa ci dice il FTSE MIB
In un contesto di decrescita, l'Italia riesce comunque a mostrare i muscoli nel panorama finanziario con l'indice FTSE MIB che fa segnare quasi il +15% da inizio anno, alla pari del Dax tedesco.
Fonte: Tradingview
Come mostra il grafico qui sopra, che mette in relazione diversi indici azionari e strumenti finanziari, il FTSE MIB è uno dei "top performer" di questi primi 3 mesi del 2025.
Soltanto l'Hang Seng Index di Hong Kong ha fatto meglio con il +19% da inizio anno mentre Gold e Dax40 se la giocano ad armi pari, viaggiando intorno al +15% di ritorno. La differenza tra il FTSE MIB e gli indici europei è clamorosa, col CAC40 francese ed il FTSE 100 inglese che registrano rispettivamente dei timidi +8,7% e +5,5%.
Questa sovraperformance dell'indice italiano è ancor più netta nel confronto con l'S&P 500 americano che attualmente scambia con una contrazione del -2,5% da gennaio 2025, confermando l'estrema debolezza dei listini d'oltreoceano.
L'estrema forza del FTSE MIB è ovviamente generata dalla forte presenza di titoli finanziari ed istituti di credito che negli ultimi anni, grazie a tassi di interesse più alti e ad una domanda di credito elevata, hanno registrato un fortissimo incremento dei profitti.
È probabile che questo trend possa continuare per i prossimi mesi del 2025 ma riteniamo che la forbice con i titoli americani sia troppo ampia per essere trascurata dagli investitori internazionali che, prima o poi, ritorneranno in acquisto sull'azionario americano a discapito di quello Europeo.