Giovedì 14 settembre la BCE ha alzato nuovamente i tassi di interesse di 25 punti base. La Banca Centrale Europea ha confermato come il contenimento dell’inflazione sia prioritario in questo momento rispetto al ciclo congiunturale. Subito dopo la decisione i mercati hanno festeggiato il rialzo, considerando il 4,5% dell’attuale tasso di interesse come picco massimo. Gli operatori prezzano ora 3 tagli dei tassi nel corso del 2024, con il costo del denaro che dovrebbe scendere al 3,75% il prossimo anno e al 2,75% nel 2025.
Una possibile inversione della politica monetaria della BCE non trova però d’accordo la Governatrice Christine Lagarde, che venerdì ha sottolineato come in occasione dell’ultimo meeting i banchieri europei non abbiano “deciso, discusso o anche solo pronunciato la parola tagli”. La revisione al rialzo dell’inflazione francese di agosto, seppur modesta, così come la crescita dei prezzi delle materie prime energetiche rappresentano un monito per coloro che hanno interpretato in modo troppo “dovish” le parole di Christine Lagarde post meeting BCE. In questa direzione va anche il consigliere BCE Martins Kazaks, che a margine dell’Eurogruppo di venerdì ha tenuto “aperte le porte a nuovo rialzo dei tassi se necessario”.
Ora tocca alla Fed (e non solo)
Archiviato il meeting della BCE, è il momento di concentrarsi sulla riunione del board della Federal Reserve. Dopo il “rialzo dovish” dell’istituto guidato da Christine Lagarde, almeno nella lettura che è stata fatta dai mercati finanziari, la Banca centrale statunitense dovrebbe confermare, con percentuali bulgare secondo il CME FedWatch Tool (97%), l’attuale livello dei tassi al 5,25-5,5%.
Passata la fase emergenziale, la banca centrale USA sembrerebbe entrata, con un anticipo di qualche mese rispetto alla BCE, in una fase in cui, in presenza di un tasso di inflazione in calo, le basta confermare “passivamente” i tassi per inasprire le condizioni monetarie (la discesa dei prezzi fa salire il tasso di interesse reale).
Questo anche alla luce del fatto che diverse indagini suggeriscono che la spinta per i consumi in arrivo dal periodo pandemico sia ormai agli sgoccioli e nei prossimi mesi la componente delle spese dei consumatori, che rappresenta due terzi della ricchezza prodotta dalla prima economia, potrebbe registrare un deciso ridimensionamento.
Ma quella della Fed non è l’unica riunione in calendario, nel corso dell’ottava sono previsti anche i board della Swiss National Bank, della Bank of England e della Bank of Japan (nei primi due casi dovremmo assistere ad un rialzo da 25 pb, nel terzo ad una conferma). Tra i dati macro spiccano le rilevazioni preliminari sui sentiment dei direttori degli acquisti, i famigerati PMI, di Eurolandia, Gran Bretagna e Stati Uniti.