La Federal Reserve ha mantenuto i tassi di interesse nell’intervallo 5,25%-5,50%. La scelta non ha sorpreso il mercato, con il consensus degli analisti indirizzato in modo quasi univoco verso questa strada. A innervosire gli operatori sono state le parole di Jerome Powell. Il numero uno della Fed ha usato toni da falco, aprendo la strada a tassi più alti più a lungo.
La Banca centrale americana ha raddoppiato le stime di crescita per il 2023, portandole al 2,1% dall’1% previsto a giugno. Anche le stime dell’inflazione 2023 (3,3%) e quelle 2025 (2,2%) sono state alzate, immutate invece al 2,5% quelle sul 2024. Nel sottolineare che “la strada verso il 2% è lunga”, Jerome Powell ha smorzato le speranze di chi si attendeva un taglio dei tassi di interesse nei prossimi mesi.
Rispetto a un mese fa, il FedWatch del CME mostra un calo molto marcato di chi si aspetta un taglio del costo del denaro nel 2024. Non vanno infatti trascurate altre variabili che potrebbero impattare sul costo della vita. Il rinnovo del contratto di lavoro del comparto auto e l’aumento dei prezzi del petrolio delle ultime settimane sono due variabili da tenere in debita considerazione. La reazione dei mercati non si è fatta attendere, con vendite sui titoli azionari e rendimenti dei T-Note USA ai massimi da 10 anni.
Focus sui prezzi al consumo
Archiviati, non senza qualche sorpresa, i meeting delle Banche centrali, la settimana che inizia oggi sarà particolarmente ricca di indicazioni macro utili a capire il reale stato di salute delle diverse aree economiche.
Per quanto riguarda l’Europa, la settimana è iniziata con l’indice tedesco IFO, giovedì, sempre per quanto riguarda la prima economia europea, sarà la volta dell’aggiornamento preliminare sull’andamento dei prezzi al consumo e venerdì, quando è previsto anche un intervento di Christine Lagarde, attenzione ai dati flash relativi l’inflazione dell’intera Zona Euro. Dal 5,2% di agosto, nel mese corrente il dato completo è visto al 4,6% mentre l’indice “core” (quello calcolato non tenendo conto delle componenti più volatili) dovrebbe passare dal 5,3% al 4,9%.
Dal fronte statunitense arriveranno i numeri sull’andamento della fiducia dei consumatori (martedì), sugli ordini di beni durevoli (mercoledì), sull’andamento del PIL (giovedì) e sui prezzi al consumo misurati dal PCE, quello preferito dalla Federal Reserve (a differenza del dato standard, che misura un paniere, il PCE traccia i prezzi dei prodotti realmente acquistati). Ed a proposito dell’istituto con sede a Washington, giovedì parlerà Jerome Powell.
Venerdì sarà anche la volta dell’inflazione giapponese mentre sabato 30 settembre e domenica 1° ottobre riflettori puntati sulla Cina perché saranno pubblicati gli indici PMI su manifatturiero e servizi (sabato sarà la volta dei dati ufficiali, domenica di quelli calcolati da S&P Global).