Le notizie arrivate dal Giappone hanno messo in tensione mercati valutari assuefatti da una staticità della Banca centrale volta a smorzare ogni accenno di possibile speculazione sull’aumento dei tassi di interesse. E invece, probabilmente perché preoccupati dall’eccessiva volatilità che circonda lo yen, a Tokyo hanno pensato bene di mandare avanti direttamente il chairman della BoJ (Bank of Japan). Proprio quel Ueda che fino a pochi giorni fa, alla luce di un fenomeno inflattivo ritenuto temporaneo in Giappone, smentiva categoricamente ogni possibile mossa sul costo del denaro.
Stavolta il Governatore della BoJ ha deciso di aprire uno spiraglio sulla possibile rimozione della politica monetaria del tasso negativo se l’inflazione darà dimostrazione di rimanere stabile al 2%.
La preoccupazione per uno scenario di inflazione importata più importante del previsto a causa dell’impennata nel prezzo del petrolio e ovviamente della debolezza dello yen, potrebbe aver spinto Ueda a questa esposizione mediatica che ha immediatamente favorito un repricing dello yen.
Personalmente dubito fortemente che queste parole troveranno un seguito con fatti concreti. Ueda sa che le principali banche centrali di tutto il mondo stanno per entrare in modalità hold sui tassi. E conosce molto bene la realtà dell’economia nipponica.
La domanda interna giapponese continua a regredire a causa di salari reali in costante calo proprio per colpa di un’inflazione ancora sostenuta ed a luglio anche la produzione industriale è scesa. La lotta contro la volatilità dello yen in realtà è puramente di facciata visto che è l’export il settore economico che sta tenendo in piedi l’economia del Sol Levante.
AUD/JPY: il grafico suggerisce uno short
Alla debolezza dello yen si contrappone quella di un’altra valuta della zona Pacifica colpita duramente dalla stagnazione cinese: il dollaro australiano.
Dopo la decisione della banca centrale di stoppare i rialzi nel costo del denaro, in Australia si guarda con apprensione alle sorti di un’economia legata a doppio filo con Pechino. Gli ultimi dati dell’import cinese in deciso calo, abbinati a un’inflazione inesistente (+0,1%) e prezzi alla produzione in calo su base annua anche ad agosto (-3%), rendono il futuro australiano meno roseo. Lo stesso aumento dei prezzi delle materie prime si è concentrato su energia e poco altro, non su quei metalli di cui è ricco il suolo australiano.
Da una parte abbiamo una divisa come lo yen che potrebbe avvantaggiarsi da un generale easing monetario da parte delle Banche centrali, dall’altra una classica valuta ciclica che fino a quando la Cina non uscirà dalla palude continuerà a rimanere anemica.
AUD/JPY può essere un cross sul quale agire per speculare su questi futuri movimenti. Un potenziale doppio massimo a ridosso di un down trend line di lungo periodo è un’occasione ghiotta che può essere sfruttata in chiave tattica anche se ci siamo già allontanati dai massimi.
Un break rialzista dell’Aussie appare improbabile a meno di un entrata in modalità euforia dei mercati azionari. Allo stesso tempo una normalizzazione del cambio fino all’up trend line di area 89 appare un gesto tecnico quasi dovuto dopo il ripetuto test delle resistenze. A quel punto si capiranno le reali intenzioni dello yen, ma dopo un gain di oltre 5 figure sulla strategia short si potrà ragionare serenamente sul da farsi.