In questo periodo il
carry trade sta spopolando tra gli investitori di Wall Street. Da quando la
Federal Reserve ha fatto capire che i tassi di interesse non saranno più aumentati, è
calata la volatilità. Una relativa calma nei mercati finanziari è estremamente importante affinché questo tipo di strategie siano profittevoli.
Il carry trade non è altro che una tecnica attraverso cui un investitore acquista una valuta o un'obbligazione ottenendo un rendimento elevato e vende gli stessi asset pagando un tasso basso. Il classico esempio in questi anni è stato quello relativo al dollaro USA e allo yen. I trader si sono finanziati in yen a tasso praticamente nullo, acquistando nel contempo dollari americani a un rendimento di almeno 5 punti percentuali superiore. Questo perché i tassi di interesse in Giappone erano negativi, mentre la Fed aveva intrapreso una lunga marcia di aumento del costo del denaro portandolo al 5,5%.
Alla base di tutto però c'era il presupposto che lo yen non si rafforzasse nei confronti del biglietto verde. Cosa che non è avvenuta e anzi il cambio
USD/JPY si è spinto fino a 160, massimo da 34 anni. Da un lato, la Fed che non aumenta più i tassi non fa il gioco del carry trade su dollaro-yen ma, diminuendo la volatilità, riduce le oscillazioni brusche del cambio che rischiano di rendere la strategia improduttiva. "La segnalazione della Fed di non effettuare ulteriori rialzi è un via libera per i carry trade", hanno scritto gli strategist di
Bank of America in una nota. La volatilità contenuta "dovrebbe sostenere un'ampia gamma di carry trade durante l'estate", hanno affermato.
Sul fronte obbligazionario, una classica operazione di carry trade è quella che interessa i BTP italiani e i Bund tedeschi alle stesse scadenze. Gli operatori acquistano quelli più rischiosi e che quindi hanno un ritorno maggiore in termini di tassi di interessi, cioè i BTP, vendendo quelli più sicuri e con rendimenti più bassi, quali i Bund.
Carry trade: come si stanno muovendo gli investitori
Quest'anno il carry trade sta andando forte nei mercati valutari sviluppati, come rileva l'indice Bloomberg basato sulle valute del G10. L'operazione attraverso cui si sono vendute le valute a più basso rendimento per acquistare quelle a rendimento maggiore ha fruttato in media quasi il 7%, la migliore performance dal 2009.
Gli esperti di UBS operano con il franco svizzero e il dollaro USA o il dollaro australiano, ovvero vendendo la moneta elvetica e acquistando una delle altre due valute. Secondo la banca con sede a Zurigo, l'utilizzo del franco come divisa di finanziamento scaturisce dalla prospettiva di tagli dei tassi da parte della
Swiss National Bank più ampi di quelli che il mercato sta prezzando. Al contrario, l'inflazione ostica in Australia e Stati Uniti frena le rispettive Banche centrali a muoversi per abbassare il costo del denaro.
Quanto alle obbligazioni, Société Générale e JP Morgan Chase suggeriscono di posizionarsi in acquisto sui titoli di Stato italiani per ottenere un reddito più elevato di quello dei titoli di Stato tedeschi, su cui consigliano di mettersi in vendita. Andres Sanchez Balcazar, responsabile delle obbligazioni globali di Pictet Asset Management, invece sta puntando sulle obbligazioni in valuta locale di Messico e Brasile, ma anche in titoli di Stato a brevissima scadenza denominati in dollari di Angola, Ghana e Zambia, affinché i rendimenti ottenuti "battano il tasso di liquidità".