Tre dollari e non sono americani. Tre dollari che vedono il loro andamento influenzato in modo importante dall’andamento del mercato delle materie prime essendo produttori primari a livello globale. I dollari sono quello neozelandese, australiano e canadese e ci pare opportuno, a questo punto dell’anno, fare un punto della situazione osservando e analizzando i grafici di lungo periodo.
Dollaro canadese atteso in rafforzamento
Cominciamo dal Canada, recentemente interessato da un dato di una inflazione salita su base annua del 3,4% contro il 4,4% di aprile; il livello più basso da giugno 2021. Si raffredda anche il dato core al 5,2% rendendo improbabile una mossa di rialzo dei tassi nella riunione del 12 luglio.
Il grafico di USD/CAD sembra indicare una concreta possibilità di un dollaro canadese che si potrebbe muovere favorevolmente nei prossimi mesi. Il range di USD/CAD suggerisce infatti che dal 2015 in avanti il cambio si è mosso tra 1,40 e 1,20. La parete superiore è stata sfiorata nel 2022 ma ora il cambio sembra avere tutte le intenzioni di ripiegare. Uno scenario che potremmo apprezzare anche su EUR/CAD. Dopo il test di area 1,50 infatti il cross è sceso sotto i colpi di un bearish engulfing pattern mensile. Canadese quindi da tenere in portafoglio.
Dollaro australiano: pesa rallentamento cinese
Andando al dollaro australiano già analizzato per quello che riguarda EUR/AUD pochi giorni fa proprio su investire.biz (EUR/AUD, una ripartenza decisiva), l’inflazione che si è raffreddata a maggio dal 6,8% al 5,6% a maggio, ben sotto le attese di 6,1% (dato più basso da aprile 2022), non aiuta una banca centrale che deve fare i conti con il desiderio di non spingere troppo sul costo del denaro per mantenere viva una crescita sempre più orfana della domanda cinese. Paese in evidente rallentamento economico come testimoniano i tagli nei tassi della PBOC e l’imminente deflazione.
Il grafico dell’Aussie, come viene comunemente chiamato AUD/USD, ci fa vedere uno scenario di down trend che non ha nessun indizio di inversione di tendenza in atto. I minimi decrescenti non lasciano dubbi circa il fatto che fino a quando 0,71 non verrà superato ogni rialzo dell’Aussie è buono per vendere, non certo per aumentare l’esposizione.
Dopo quattro mesi consecutivi di calo la reazione era doverosa da parte dall’australiano a giugno, ma una chiusura ben al di sotto dei massimi non appare incoraggiante. Meglio il CAD dell’AUD per ora.
Dollaro neozelandese: massimi decrescenti e nessun segnale di svolta
Contesto non tanto diverso per il kiwi, ovvero NZD/USD. Paese che soffre anch’esso il rallentamento cinese ma decisamente più avanti sui tassi di interesse anche se gli effetti appaiono tutto fuorché decisivi nel frenare con decisione l’inflazione.
Addirittura, gli ultimi sondaggi di business sentiment hanno mostrato un miglioramento che indispettisce la banca centrale per la resilienza dell’economia e che rischia di dover allungare il periodo di tassi alti in Nuova Zelanda. NZD/USD ha un aspetto grafico molto simile a quello di AUD/USD.
Down trend con massimi decrescenti e nessun segnale di svolta all’orizzonte. In questo caso la barriera da superare è 0,65 per ambire a qualcosa di meglio con quel potenziale doppio minimo realizzato a 0,55 che dovrebbe essere garanzia di frenata ad ogni tentativo di ulteriore svalutazione. Una discesa a 0,58/0,59 (61,8% di ritracciamento dell’ultima gamba rialzista), potrebbe essere interessante per cominciare ad accumulare valuta neozelandese.