Da alcune settimane il dollaro USA è tornato protagonista sul mercato valutario, guadagnando terreno sulle principali valute. Dalla fine di settembre il valore del Dollar Index è aumentato di oltre 4 punti percentuali.
Da quando, a marzo del 2022, la
Federal Reserve ha iniziato il ciclo di strette sui tassi di interesse, il biglietto verde ha soppiantato letteralmente le altre divise, alimentando soprattutto le strategie di
carry trade (la pratica di prendere a prestito denaro in valute a basso rendimento, come lo yen, per investire in dollari con un rendimento di oltre 5 punti percentuali).
Tale meccanismo ha retto per un paio di anni, prima che le aspettative del mercato volgessero verso un allentamento da parte della Banca centrale americana. A settembre la Fed ha attuato un maxi-taglio di mezzo punto percentuale del costo del denaro, confermando le attese di una politica monetaria ampiamente accomodante e indebolendo il dollaro. Tuttavia, ora la valuta a stelle e strisce è tornata a ruggire, attirando gli acquisti degli investitori. Citigroup ha riferito che tra i suoi clienti, gli hedge fund questo mese hanno registrato la più lunga serie di acquisti giornalieri di dollari degli ultimi due anni.
Dollaro USA: ecco cosa spiega la sua forza
Sono almeno tre le ragioni per cui il dollaro USA si sta rafforzando in questo periodo. Una attiene alle elezioni americane. Secondo molti, ormai il biglietto verde è considerato un Trump-trade. In buona sostanza, gli investitori sono convinti che se Donald Trump verrà rieletto alla Casa Bianca, il dollaro ne trarrà vantaggio. Come è possibile se il leader repubblicano ha sempre parteggiato per una debolezza della valuta nazionale?
Ricordiamo gli scontri verbali che ha avuto durante il suo precedente mandato con il governatore della Fed, Jerome Powell, accusato di non abbassare abbastanza i tassi impedendo così l'indebolimento del dollaro. In realtà, il mercato crede che l'applicazione dei dazi promessi da Trump comporterà un aumento di valore della moneta. Le motivazioni sono due.
In primo luogo, i consumatori americani acquisteranno meno beni importati perché li pagherebbero di più. Quindi diminuiranno la domanda di valuta estera. In secondo luogo, le tariffe commerciali farebbero salire i prezzi e generare inflazione, costringendo in questo modo la Fed ad alzare i tassi di interesse. "Le politiche economiche di Trump tendono ad essere associate a una maggiore inflazione e, di conseguenza, a un ciclo di allentamento dei tassi meno aggressivo da parte della Fed nei prossimi anni", ha detto Thierry Wizman, strategist globale dei cambi e dei tassi di interesse di Macquarie.
La seconda ragione che spiega la forza del dollaro si riferisce allo stato di salute dell'economia americana. A inizio agosto e a inizio settembre i dati sull'occupazione statunitense avevano spaventato gli investitori, in quanto avevano riportato una contrazione del mercato del lavoro paventando l'arrivo di una recessione. In seguito, però, le indicazioni macro e le letture sull'occupazione nel mese di ottobre hanno allontanato scenari recessivi. Le buone condizioni economiche degli Stati Uniti si riflettono inevitabilmente e positivamente sul dollaro.
La terza ragione, legata alla seconda, è il fatto che il mercato ora si aspetta una Fed meno aggressiva sul versante dei tagli ai tassi. L'economia è in buona salute e l'inflazione non ha ancora raggiunto stabilmente l'obiettivo di lungo periodo del 2% della Banca centrale. Gli stessi funzionari della Fed hanno avvertito che il taglio dei tassi che si è visto a settembre, difficilmente si ripeterà nelle prossime riunioni. In altri termini, il dollaro renderà di più di quanto ci sia aspettava fino a un mese fa perché i tassi rimarranno alti più a lungo.