Rupia indiana e peso messicano sono due valute emergenti che hanno avuto andamenti contrapposti negli ultimi anni. Calante per la divisa asiatica, crescente per la valuta centro americana.
Il peso messicano (Mxn linea rossa) ha sfruttato in modo egregio il vantaggio di rendimento reale accumulato nel corso degli ultimi anni con i ripetuti aumenti dei tassi di interesse necessari per contrastare l’inflazione che hanno favorito un allargamento dei tassi reali per il benefico effetto che ha avuto la politica monetaria sull’inflazione domestica.
L’economia messicana ha poi avuto un enorme giovamento dalla crescita statunitense, ma adesso si guarda con preoccupazione alle prossime elezioni visto che il candidato repubblicano è Donald Trump. Quel Trump che quando venne eletto come 45esimo Presidente degli Stati Uniti nelle elezioni di novembre 2016, inflisse al peso messicano pesanti cali a causa della minaccia paventata allora dal magnate di costruire il muro al confine con il Messico adottando contestualmente una linea dura sull’immigrazione.
A dire il vero, dopo quella fiammata svalutativa, il peso riuscì a mantenere un buon equilibrio fino all’arrivo della pandemia quando il cambio USD/MXN decollò ai suoi massimi storici.
Alle prossime elezioni USA il peso messicano arriva non in condizioni di forte debolezza, ma di forza e con un sentiment decisamente spostato dal lato dell’ottimismo. E questo potrebbe paradossalmente creare dei problemi al MXN. La banca centrale appare restia ad avviare politiche di easing continuando a garantire tassi reali favorevoli ai possessori di carta messicana. Un comportamento giustificato da una dinamica salariale che vede aumenti superiori al 9% su base annua tra i lavoratori domestici.
Se da una parte quindi le condizioni di vantaggio per il peso dovrebbero persistere, dall’altra c’è un’incognita elettorale combinata a un palese sbilanciamento di sentiment che possono lavorare contro il peso. Fino a quando USD/MXN rimarrà sotto 17,5 non si ravvisano problemi di inversione nella tendenza dominante. Sopra questo livello le prime contromisure dovranno essere adottate.
Rupia Indiana vs Dollaro: difficile pensare ad un'inversione di tendenza
Destino opposto invece quello per la rupia indiana (linea nera), valuta che negli ultimi 5 anni ha perso il 20% contro dollaro (il peso messicano ha guadagnato il 15%). L’inflazione indiana a febbraio si è sostanzialmente stabilizzata sopra al 5%, un dato leggermente superiore alle stime degli analisti.
Questa percentuale rimane all’interno del target 2-6% fissato dalla Banca centrale, ma ovviamente aumenta le aspettative per un mantenimento dei tassi di interesse attuali più a lungo del previsto garantendo rendimento alla carta indiana, rendimento che però in termini reali non è così generoso come quello offerto da altre realtà emergenti come Messico, Brasile e Sud Africa.
La Banca centrale indiana è arrivata a sei meeting consecutivi di tassi invariati al 6,5% e probabilmente anche il prossimo seguirà la stessa sorte. Guardando al grafico di USD/INR possiamo comprendere come dalla fine del 2022 il cambio ha vissuto la maggior parte del tempo a ridosso dei massimi storici. Difficile pensare ad un'inversione di tendenza fino a quando si rimarrà sopra quota 80. Livello Interessante in prospettiva visti i consistenti flussi di capitale diretti verso l’India sempre più protagonista degli indici emergenti, ma ancora non sufficiente per aumentare con decisione l’esposizione lunga sulla rupia.