La scorsa settimana, il presidente degli Stati Uniti
Donald Trump ha scosso i mercati finanziari annunciando, tra l'altro, ulteriori
dazi del 10% alla Cina a partire dal 4 marzo. Quindi, tutte le merci cinesi che entrano nel territorio americano da domani saranno assoggettate a un prelievo del 20%, in quanto la nuova tariffa si aggiunge a quella già in vigore del 10%.
Il Ministero del Commercio cinese ha dichiarato che insistendo su questa strada, Trump costringerà la Cina a "prendere tutte le contromisure necessarie per difendere i suoi legittimi diritti e interessi". Nel contempo, ha invitato gli USA al dialogo e a evitare che si inneschi una pericolosa guerra commerciale tra le due superpotenze.
Cina: le possibili contromisure ai dazi di Trump
Molti temono che uno scontro a colpi di dazi tra Washington e Pechino finirà per danneggiare entrambi, con ripercussioni negative per i mercati finanziari. La risposta cinese però non è detto che si concretizzi con le tariffe, o solo con esse. Gli osservatori finanziari hanno individuato altre armi nell'arsenale del governo cinese in grado di far male agli Stati Uniti.
Una è l'indebolimento dello yuan. Una moneta nazionale più economica renderebbe le esportazioni cinesi più competitive e compenserebbe almeno in parte l'effetto dei dazi. In sostanza, il maggiore costo che le aziende americane sosterrebbero dovendo pagare i dazi per i beni cinesi importati sarebbe compensato dal vantaggio derivante dall'effetto cambio. Ciò è già avvenuto nel biennio 2018-2019, durante la prima amministrazione Trump. Allora i dazi del tycoon sono stati per due terzi compensati dal deprezzamento dell'11,5% dello yuan, hanno osservato gli analisti di Morgan Stanley.
Una seconda mossa potrebbe essere quella di limitare le esportazioni di minerali critici verso gli Stati Uniti. Già all'inizio di febbraio la Cina ha annunciato strette sul tungsteno e altri metalli speciali utilizzati nell'elettronica, nell'automotive, nell'energia, nel settore aerospaziale e nella difesa. Lo scorso anno ha limitato le vendite di gallio e germanio, due minerali chiave per le industrie di semiconduttori, telecomunicazioni e veicoli elettrici. Ha fatto lo stesso anche con alcuni tipi di grafite e l'antimonio. Pechino domina l'approvvigionamento in questo settore e potrebbe far leva su questo aspetto per dissuadere gli USA.
In terzo luogo, il Dragone potrebbe aggredire direttamente le Big Tech americane. Come? Attraverso il sequestro di beni in Cina o il blocco di transazioni commerciali. Società che hanno una presenza rilevante in Cina come Apple, Tesla e Microsoft sarebbero maggiormente a rischio. Le autorità cinesi hanno una lista nera di "entità inaffidabili", che si arricchisce sempre di più. Inoltre, a febbraio hanno avviato un'indagine antitrust su Alphabet.
Una quarta arma è la costruzione di alleanze con Paesi che flirtano con gli Stati Uniti come il Giappone e l'India. Negli ultimi tempi, Pechino ha cercato di infittire i rapporti con queste nazioni riducendo gli attriti diplomatici.
Infine, c'è l'azione forse più incisiva che può essere perpetrata da parte della Cina, ossia quella di
vendere il debito USA (Debito USA: ecco chi lo detiene). Con l'equivalente di circa 759 miliardi di dollari a fine 2024, l'ex-Impero Celeste è il secondo più grande possessore di titoli di Stato americani dopo il Giappone. Se anche solo una parte di questa montagna di debito venisse scaricata sul mercato, i rendimenti del Tesoro USA si impennerebbero rischiando di mettere in difficoltà il Paese.
Chiaramente tutte queste armi rischiano di essere a doppio taglio, per via delle contromisure americane ma anche degli effetti economici in Cina e politici nel rapporto con altre nazioni. Quindi, ogni passo dovrà essere misurato. Ad ogni modo, in caso di guerra commerciale, tutte le possibilità sono da mettere in gioco.