Dopo che lo scorso dicembre aveva annunciato un impianto in Ungheria pronto entro il 2027, BYD prepara l'attacco all'Europa con l'ipotesi di costruire un secondo stabilimento di assemblaggio delle sue auto nel 2025. L'Amministratore delegato per il Vecchio continente, Michael Shu, questa settimana ha reso note le intenzioni della casa automobilistica cinese alla conferenza Future of the Car, affermando che BYD diventerà leader in Europa entro il 2030. Dallo scorso anno, il colosso cinese ha spodestato Tesla diventando il più grande venditore mondiale di veicoli elettrici. E non ha mai nascosto le ambizioni europee, pur dovendosi scontrare con una certa ostilità da parte delle autorità di regolamentazione di Bruxelles.
Negli ultimi giorni il premier cinese Xi Jinping ha visitato alcuni Paesi europei, tra cui la Francia. Il governo presieduto da Emmanuel Macron è uno dei principali artefici della battaglia che in questo periodo il Vecchio Continente sta mettendo in atto per frenare l'avanzata delle case automobilistiche cinesi. Tuttavia, il ministro delle Finanze Bruno Le Maire ha affermato che nuovi investimenti di BYD e delle altre compagnie del Dragone sono i benvenuti.
BYD: per l'UE non fornisce informazioni sufficienti
La concorrenza dei player cinesi sta rendendo incandescente una situazione che rischia di sfuggire di mano. Da un lato l'Eurozona vuole impedire che i prezzi bassi dei modelli cinesi spingano fuori dal mercato i competitor europei e arrechino un grosso danno alle grandi aziende del territorio, dall'altro è difficile rinunciare a nuovi insediamenti produttivi.
Ad ogni modo l'Unione europea non ha potuto fare a meno di avviare un'indagine a partire da ottobre scorso contro le aziende cinesi per presunta concorrenza sleale. Tra queste troviamo anche BYD. Proprio il leader mondiale delle auto a batteria sarebbe imputato, insieme a Saic e Geely, di non aver fornito informazioni a sufficienza in merito agli eventuali aiuti del governo cinese. L'indagine punta proprio ad accertare se la concorrenza in Europa sia messa a repentaglio dalle agevolazioni di Pechino ai marchi locali. In tal caso, Bruxelles potrebbe imporre dazi sulle vetture prodotte in Cina.
Le aziende cinesi hanno dovuto rispondere a questionari e sottoporsi a ispezioni in loco. Tuttavia, la Camera di Commercio cinese ha contestato il modus operandi delle autorità UE, sostenendo che tutte le accuse sono infondate. Tra l'altro, secondo gli esponenti cinesi, alcune richieste sarebbero eccessive in merito alle prove da fornire e alle informazioni sensibili.
Delle tre aziende imputate di non aver fornito i dati necessari, l'unica a prendere posizione è stata Saic. La società ha ribadito di aver "cooperato pienamente con le autorità e che le informazioni commercialmente sensibili, tipo la formulazione delle batterie, non dovrebbero appartenere a questa categoria".