Il mercato azionario Est europeo, al netto della Russia da tempo non più acquistabile sui mercati ufficiali, ha innestato la retromarcia dopo aver ben fatto dall’autunno 2022. Paradossalmente la guerra alle porte che preoccupa media, politici e i popoli di confine, ha fornito ai mercati azionari della zona Est dell’Unione Europea carburante per raddoppiare addirittura il proprio valore.
Lo vediamo molto chiaramente dal grafico dell’ETF Amundi MSCI Eastern Europe Ex Russia, uno strumento storico della ex Lyxor nato nel 2005 con oltre 100 milioni di masse amministrate e spese correnti di 0,5% all’anno.
Nulla di trascendentale quanto a performance dal lancio per questo ETF (appena +58%), con gli ultimi 5 anni a passo ridotto (+15%). Pesano soprattutto gli anni 2020 e 2022 quando l’ETF ha perso rispettivamente il 19% e il 22%. Strumento dove la variabile valutaria pesa, soprattutto quella legata alle sorti dello zloty polacco (70% del portafoglio sono azioni polacche) e del fiorino ungherese (20%); Il resto è costituito da aziona quotate alla Borsa di Praga.
ETF: i fattori che stanno pesando sull’andamento dell’azionario dell’Est Europa
Intanto la scarsa brillantezza del mercato europeo in genere. A distanza di 3 anni addirittura l’azionario Est europeo fa meglio (+16% vs +10%), mentre il divario rimane ancora elevato a distanza di 5 anni con iShares Msci Emu che ad esempio guadagna quasi tre volte la modesta performance raccolta dall’ETF di Amundi.
Ma c’è ovviamente dell’altro. Il contesto macro a Est sta peggiorando. La crisi tedesca ha impatti più forti sui paesi di confine che patiscono un calo degli ordinativi maggiore rispetto ad altri Paesi dell’Unione, essendo queste nazioni spesso una costola della produzione industriale della Germania.
L’Ungheria, ad esempio, è in recessione come la Germania, nonostante i flussi di investimenti arrivati da Pechino negli ultimi anni. La valuta locale, il fiorino, è ormai ad un passo dai minimi storici contro euro.
Anche la Polonia recentemente è stata protagonista di una certa debolezza valutaria con le rinnovate tensioni belliche con la Russia che preoccupano Varsavia e creano incertezza su investimenti e consumi. I tassi di interesse in moderato ribasso devono tenere conto di un’inflazione in ritirata ma ad un ritmo inferiore alle attese e quel 50% di finanziari che compongono l’ETF sono naturalmente vulnerabili ad un contesto endogeno ed esogeno difficile dopo 1000 giorni di guerra tra Ucraina e Russia. Oltretutto anche il secondo settore per importanza in portafoglio, quello dell’energia, soffre un contesto poco frizzante nel settore.
Graficamente l’ETF di Amundi sta ritornando sui propri passi, che significano massimi del 2011 e del 2017. Da qui sarebbe importante ripartire per confermare l’uscita da un lungo periodo di stagnazione. I prossimi mesi saranno quindi decisivi per scongiurare quella che in gergo si definirebbe trappola per tori. Probabilmente a quel punto in un contesto particolarmente complicato anche dal punto di vista geopolitico.