Chi sposa la tesi degli investimenti granulari a mattoncini può guardare verso Oriente e trovare tante alternative oggi sul mercato degli ETF. Tra queste oggi analizziamo insieme due ETF, quello che investe sul mercato azionario delle Filippine e della Thailandia, Paesi protagonisti di recente di tagli nei tassi di interesse da parte delle rispettive Banche centrali.
Due mercati che però non possono certamente essere definiti come portatori di soddisfazioni per gli investitori alla luce dei risultati conseguiti negli ultimi 5 anni.
Gli unici ETF che replicano i rispettivi indice Msci disponibili sul mercato italiano sono Xtrackers Msci Thailand e Msci Philippines.
Strumenti a replica passiva sintetica con costi abbastanza elevati (0,5% il primo e 0,65% il secondo per quello che riguarda le spese correnti annue) che nell’ultimo lustro hanno raccolto performance negative complessive del 7%.
ETF Thailandia e Filippine: politiche monetarie e Pechino potrebbero rilanciare i corsi
Le decisioni delle rispettive Banche centrali di tagliare i tassi di interesse di 25 punti base portandoli al 2,25% per la Thailandia e al 6% per le Filippine hanno contribuito ad alimentare un bel rally negli ultimi 3 mesi, con performance in doppia cifra. La crescita ha bisogno di un minore costo del denaro ora che l’inflazione sta rientrando nei ranghi. Un rigenerante che non è sufficiente per recuperare il terreno perduto nell’ultimo lustro rispetto all’indice azionario mondiale ed emergente.
Gli ETF che replicano Msci World dal 2019 a oggi hanno realizzato una performance di quasi il 90%, mentre l’universo emergente nel suo complesso di è fermato a +35%.
La Borsa tailandese è replicata da un indice che al suo interno contiene poco meno di 30 società, prevalentemente attive nel settore dell’energia (il 15% del totale), dei beni di consumo (12%) e della salute (11%). Il rapporto prezzo utili del mercato tailandese è in linea con quello degli emergenti del loro complesso essendo di 18.
La Borsa filippina è anch’essa ristretta a un drappello di una trentina di società con le prime 10 che pesano per i tre quarti del listino. Settorialmente concentrata su industriali (31%), finanziari (25%) e immobiliare (20%), il rapporto prezzo utile mostra uno sconto maggiore rispetto alla Thailandia essendo quotato a 14.
Dal 2000 la Borsa tailandese ha fatto meglio di quella emergente di oltre 3 punti percentuali all’anno (11,3% annuo composto contro 8%) mentre quella filippina ha sottoperformato (6,9% contro 8% annuo).
Due Paesi che fanno parte di quel rampante continente asiatico che negli ultimi tempi ha indubbiamente sofferto del rallentamento cinese. Lo si nota anche nelle performance delle due Borse analizzate che però potrebbero adesso rilanciare le loro sorti grazie a politiche monetarie più espansive e forse a manovre cinesi di rilancio dell’economia interna.