Non abbonda sicuramente l’offerta di prodotti a replica passiva sull’azionario africano e probabilmente lo status quo prevarrà fino a quando questi mercati non diventeranno di interesse generale, magari grazie a performance importanti oppure notizie macroeconomiche tali da rendere attraente per l’investitore dirottare quote di capitali sull’equity del Continente Nero. Un po' come successo per Cina e India negli ultimi anni.
Amundi e Xtrackers sono presenti sul mercato con 2 ETF (a cui si aggiunge un ETF sulla borsa sudafricana di iShares) che però faticano a raggiungere i 30 milioni di euro di masse amministrate; questo dice già molto dell’interesse dei risparmiatori.
Indici differenti che vengono replicati da questi ETF, destino comune nell’ultimo lustro quanto a performance. La negatività prevale e questo, in un momento di mercato in cui l’azionario mondiale nello stesso arco di tempo ha realizzato un rotondo +80%, fa notizia.
E fa notizia anche che in termini relativi gli indici africani hanno fatto peggio del già deludente Msci Emerging Market che comunque a 5 anni raccoglie una performance di quasi il 25%. (dati al 10 maggio 2024). A questo si aggiunge anche una volatilità decisamente più alta per gli indici africani.
I motivi di questo andamento sono da ricercare non solo nella dinamica economico-finanziaria dell’area africana, ma anche nella composizione geografica settoriale degli indici di riferimento.
ETF con sottostante l'Africa: un confronto
Partendo da Amundi Pan Africa, l'indice SGI Pan Africa replica i 30 più grandi titoli azionari quotati in Africa o con attività prevalentemente esposte in Africa. L'indice si espone in modo equo a tre zone ed i suoi più grandi componenti possono avere al massimo un peso pari al 10%.
Tutto sommato c’è una buona diversificazione tra aziende con le prime 10 che coprono il 60% del paniere. L’egiziana CIB Bank comanda per peso con l’11% seguita da AttijarIwafa Bank al 9% e Naspers al 8%. Comprendiamo subito l’importanza del settore finanza con il 42% di peso complessivo seguito dai materials al 25%.
Tutto sommato buona anche la distribuzione geografica con il 30% di Sudafrica, il 30% di Marocco e poi Egitto. Se vogliamo però trovare un difetto questo è la presenza anche di società canadesi, australiane e inglesi prevalentemente minerarie e che poco a che fare hanno con la specificità geografica dell’ETF, se non la loro presenza sul terreno quanto a sfruttamento delle risorse.
Il secondo ETF è di Xtrackers e replica l'indice MSCI Emerging and Frontier (EFM) Africa Top 50 Capped. Le 50 aziende più grandi dei mercati emergenti e di frontiera in Africa con cap alle partecipazioni singole stanno in questo ETF. Purtroppo anche questo ETF non è esente da critiche. In questo caso è la diversificazione geografica che manca con ben il 63% di Sudafrica, seguito da Egitto e Marocco al 14%.
Ancora più concentrato a livello settoriale visto che la finanza pesa per il 50% del paniere seguita dai materials al 16%. Non tanto diversa è la composizione delle singole società seppur con pesi diversi, ma le prime tre che sono praticamente le stesse viste in Amundi.
Due ETF che hanno più di 10 anni di vita ma che dal 2011 praticamente non hanno dato grandi soddisfazioni. Ampiamente negativo l’ETF di Amundi, prossimo allo zero quello di Xtrackers. Se il prossimo decennio sarà africano indubbiamente questi ETF potranno in parte raccoglierle tenendo ben presenti i limiti citati sopra che renderebbero auspicabili prodotti più equilibrati e diversificati in futuro.