C’è un’altra tendenza di fondo che sta accompagnando il mercato degli ETF negli ultimi tempi, oltre a quella sempre più consolidata degli strumenti a gestione attiva. Ed è quella di un ritorno all’utilizzo dei prodotti a replica sintetica. I recenti lanci di Black Rock di alcuni ETF su indici primari conferma questa tesi.
I motivi che possono spiegare il ritorno di fiamma verso una struttura completamente basata sull’utilizzo di prodotti derivati (le controparti stipulano infatti un contratto swap che ha l’obiettivo di replicare un indice) sono diversi. Dopo la crisi del 2008 gli ETF a replica sintetica vennero progressivamente messi da parte dalle case prodotto in quanto percepiti dagli investitori come pericolosi poiché basati su contratti derivati tra controparti. E con il fantasma Lehman che si aggirava sui mercati, derivato non era parola di conforto.
Meglio investire in ETF che fisicamente possedevano quelle azioni senza correre il rischio di trovarsi in balia di qualche controparte che da un momento all’altro poteva dare default lasciando il cliente con in mano un pugno di mosche.
ETF a replica sintetica: i vantaggi
Il tempo come al solito smussa i ricordi e la regolamentazione Ucits ha aumentato la tutela dell’investitore, imponendo regole di trasparenza ma soprattutto di garanzia che hanno reso progressivamente più sicura la replica sintetica. Il progressivo rafforzamento delle garanzie collaterali al contratto di swap ne è un esempio.
La battaglia nella riduzione dei costi sta però imponendo alle case di gestione un’offerta sempre più competitiva con la battaglia che si va spostando dal terreno delle spese correnti, ormai ridotte all’osso, alla gestione collaterale del portafoglio e alla replica per ottenere performance migliori. Il prestito titoli è un esempio, ma lo è anche l’utilizzo della replica sintetica.
Più efficiente e precisa nel ridurre le “sbavature” di replica di un portafoglio soprattutto se lo stesso è composto da migliaia di azioni, ma anche se replicante di indici poco liquidi (vedi quelli di paesi emergenti).
La replica sintetica è anche più vantaggiosa fiscalmente per lo stesso cliente che investe in azioni americane, ma anche inglesi. Il fenomeno della doppia tassazione dei dividendi è ad esempio un fenomeno che viene eliminato proprio attraverso l’utilizzo di contratti derivati non soggetti a questa imposta fiscale.
BlackRock fa da apripista della nuova moda sintetica
BlackRock, come sempre è anticipatrice di certi fenomeni, con la quotazione di due ETF a replica sintetica su Russell 2000 e Nasdaq 100 va proprio nella direzione di rafforzare un presidio di offerta che vuole incontrare una domanda in crescita.
Domiciliati in Irlanda, questi ETF sulla base del Hire Act del 2017 possono aggirare la “withholding tax” sui dividendi, cosa che la replica fisica può solo attutire a certe condizioni (dal 30% al 15% per gli ETF domiciliati in Irlanda). Ovviamente al costo di un maggiore rischio controparte.
Questi ETF si affiancano ad un recente prodotto lanciato dalla casa americana che replica l’indice Msci World. Il sintetico, a quanto pare, sta tornando di moda.