Se fino a poco tempo fa lo yen era la valuta più venduta tra le principali, oggi è diventato l'oggetto del desiderio dei trader sui mercati valutari. Dal 3 luglio, quando la moneta giapponese aveva toccato il minimo dal 1986 per dollaro USA a 162, lo yen ha guadagnato circa il 13% e ora si posiziona sotto 142, livello top da gennaio 2024.
Il rally mostra come
gli investitori si siano allontanati dal carry trade che ha tenuto banco per diversi anni. Grazie a tassi di interesse negativi, gli operatori di mercato si finanziavano in yen, pagando costi esigui, per poi investire il denaro preso in prestito in valute ad alto rendimento e stabili come il dollaro USA. La strategia ha perso smalto allorché la
Bank of Japan ha aumentato i tassi di interesse di un quarto di punto nella riunione del 30-31 luglio, dopo che a marzo scorso aveva portato a zero il costo del denaro uscendo dal regime di tassi negativi che durava da 8 anni. Contestualmente la Federal Reserve si appresta a settembre a tagliare i tassi - presumibilmente di mezzo punto percentuale - a causa delle prospettive di recessione dell'economia americana. Tutto ciò rende meno conveniente il carry trade.
Proprio lo spauracchio di una recessione sta spingendo gli investitori ad abbandonare il dollaro e gli asset ad alto rischio come le azioni e le criptovalute, per rifugiarsi in porti sicuri tradizionali come oro, franco svizzero e appunto lo yen. La forza della divisa nipponica sta mandando letteralmente al tappeto la Borsa di Tokyo. L'indice Nikkey 225 ha chiuso la prima seduta settimanale con un tracollo del 13,47%, registrando la peggiore disfatta dal lunedì nero del 1987.
Continuerà il rally dello yen?
Il rally dell'
USD/JPY sembrava incontenibile, affondando le sue radici sulla divergenza di politica monetaria tra la Fed e la BoJ. Ciò ha spinto più volte il governo giapponese a intervenire sui mercati valutari nell'ultimo biennio per frenare la caduta dello yen, ma con esiti alla fine molto limitati. In altri termini, le autorità hanno cercato di limitare gli effetti del problema, trascurando invece la soluzione alla radice. Ora il quadro è cambiato, perché la Banca del Giappone si è avviata verso un ciclo di strette sui tassi, ma non solo. Nei prossimi due anni diminuirà gradualmente l'acquisto di obbligazioni fino al dimezzamento. Al contrario, la Fed comincerà il suo accomodamento monetario, che ora si rende molto più urgente dopo che i dati sull'occupazione USA di venerdì scorso hanno alimentato le paure di una recessione imminente.
Inoltre, in Medio Oriente sta probabilmente per scoppiare una guerra ancora più preoccupante di quella che attualmente si sta consumando nella striscia di Gaza tra Israele e Hamas. L'Iran è pronto a sferrare un attacco a Tel Aviv con missili e droni, dopo che nei giorni scorsi un raid israeliano aveva ucciso in territorio iraniano il leader di Hamas, Ismail Haniyeh. Tutto ciò probabilmente attirerà gli investitori verso beni rifugio come lo yen.
Quindi, bisogna attendersi ancora un indebolimento dell'USD/JPY nei prossimi mesi? Secondo Paul Mackel, responsabile globale del FX di HSBC, "stiamo assistendo a una certa domanda di beni rifugio per le valute tradizionali come lo yen e il franco svizzero, ma ciò è anche coerente con il modo in cui i carry trade FX si sono svolti a un ritmo molto, molto rapido". Di conseguenza, "è probabile che questa incertezza continui almeno per i prossimi giorni".
Rafael Nemet-Nejat, senior portfolio manager presso Jin Investment Management Pte, ha affermato che è in corso "una massiccia riduzione dell'indebitamento, innescata dall'aumento dei tassi BoJ e dal probabile taglio del FOMC a settembre, il che causa un enorme calo del carry trade". Questo implica che ora "molti di quelli che hanno posizioni long sulla debolezza dello yen si trovano a doverle chiudere".