Le materie prime potrebbero subire il colpo dei dazi USA nel 2025. A dirlo è la banca olandese
ING Groep. Le tariffe che verranno imposte dal neo presidente eletto degli Stati Uniti
Donald Trump scateneranno la reazione della Cina, il che potrebbe sconvolgere i mercati, sostengono gli strategist dell'istituto di credito in un rapporto sull'outlook del prossimo anno.
"Vediamo gran parte del comparto in calo nel 2025 con equilibri di domanda e offerta relativamente confortevoli. Il potenziale di un'escalation delle tensioni commerciali è un rischio al ribasso, mentre i mercati sono in attesa di vedere se e quando le misure di sostegno cinesi si faranno strada nei mercati delle materie prime", hanno scritto.
Scendendo nel dettaglio, ING vede un calo delle quotazioni del petrolio per via della forte crescita dell'offerta relativa ai Paesi non-OPEC, con il Brent che scivolerà a 71 dollari dai 74 attuali. Stesso discorso per il gas naturale, con l'Europa che potrà compensare il calo delle forniture russe grazie ai nuovi impianti di esportazione di GNL americano.
Oscure sono le prospettive anche per il rame, previsto a 8.900 dollari a tonnellata nel 2025, rispetto agli oltre 9.200 dollari attuali. Sul metallo rosso giocano un ruolo importante la Cina, principale consumatore mondiale, e l'impatto delle sue politiche di stimolo sull'economia del Paese. Quanto alle soft commodity come caffè e cacao, ING prevede una fluttuazione dei prezzi a causa delle condizioni meteorologiche che creano incertezza sul raccolto.
Materie prime: l'oro andrà controcorrente
L'unica materia prima destinata a continuare il rally di quest'anno è l'oro, ha affermato ING. Tra i motivi principali gli acquisti delle Banche centrali che cercano di diversificare le loro riserve e l'attrattiva come bene rifugio per via degli attriti a livello geopolitico. Al riguardo, la Cina ha riferito di aver ripreso ad acquistare per le sue riserve a novembre dopo una pausa di sei mesi.
La banca ritiene che il metallo giallo terrà una media di 2.760 dollari l'oncia nel 2025. Oggi le quotazioni dell'oro viaggiano stabilmente intorno ai 2.750 dollari, dopo quattro giorni consecutivi di rialzi. Ieri hanno chiuso la seduta con uno strappo di 1,41 punti percentuali grazie ai dati sull'inflazione americana che non hanno registrato un'accelerazione oltre le aspettative rafforzando l'attesa che la Federal Reserve tagli i tassi di un altro quarto di punto nella riunione della prossima settimana. Il supporto di questa serie di fattori positivi ha messo il metallo prezioso sulla buona strada per il più grande rialzo annuale dal 1979.
La traiettoria della politica monetaria della Banca centrale però rimane incerta per il prossimo anno, in quanto bisognerà tenere conto del comportamento di Trump sul fronte dei dazi. Se il leader repubblicano terrà fede alle sue promesse e applicherà le tariffe su tutti i beni importati dall'estero, c'è la possibilità di innescare nuovamente l'inflazione e quindi di un atteggiamento meno accomodante da parte della Fed, che a quel punto potrebbe tenere alti i tassi più a lungo di quanto previsto.
Questo non sarebbe molto favorevole all'oro, che sovraperforma in un ambiente in cui il costo opportunità della sua detenzione è basso. "I mercati stanno valutando una potenziale pausa della Fed nel gennaio 2025 e il rischio di un ritmo più lento dei tagli della Fed in futuro", ha detto Christopher Wong, stratega FX presso Oversea-Chinese Banking Corp.