Ieri le quotazioni del petrolio Brent sono sprofondate ad un minimo di 78,5 dollari al barile, contro un’apertura 4 dollari più in alto, dopo la notizia che la riunione dell’Opec+, il cartello di cui fanno parte 23 Paesi produttori di petrolio, è stata rinviata dal 26 al 30 novembre. “Dietro la mossa ci sarebbero contrasti interni al cartello, con l'Arabia che richiede agli altri membri una maggiore disponibilità a contenere la produzione per sostenere il prezzo”, ha riferito di Giuseppe Sersale di Anthilia.
In particolare, lo spostamento è dovuto al fatto che diversi membri non sono soddisfatti degli obiettivi di produzione per il prossimo anno. Della fronda ostile ai livelli di output annunciati a giugno farebbero parte l’Angola, il Congo e la Nigeria.
La notizia del rinvio del meeting dell’Opec+ ha fatto il paio con le indicazioni arrivate dal dato statunitense che misura l’andamento delle scorte di petrolio, salite nell'ultima settimana di 8,7 milioni di unità, decisamente al di sopra dei +900 mila barili stimati dagli analisti. Al quinto incremento consecutivo, le scorte USA di petrolio si attestano al livello maggiore dallo scorso mese di luglio.
Riunione Opec+: cosa succederà
A causa di scarsi investimenti, interruzioni operative e invecchiamento dei giacimenti petroliferi, i tre Paesi africani nel 2023 hanno faticato a raggiungere i target. L'obiettivo di produzione dell'Angola a giugno è stato tagliato dagli 1,46 milioni di barili giornalieri (MMbbls/d) del 2023 agli 1,28 MMbbls/d del 2024, quello del Congo passa da 310 mila a 276 mila barili mentre quello della Nigeria da 1,74 scende a 1,38 milioni.
Nonostante questo, l’accordo prevedeva che gli obiettivi sarebbero stati rivisti al rialzo prima della fine di quest'anno se una verifica effettuata dal terzetto composto da Rystad Energy, Wood Mackenzie e IHS avesse dimostrato che la loro capacità produttiva era maggiore. Stando ai ben informati, i tre Paesi hanno respinto le valutazioni delle società.
“Mentre i primi due Paesi attualmente producono meno greggio rispetto agli obiettivi di produzione per il 2024, la Nigeria -si legge in una nota elaborata dagli analisti di ING- recentemente è riuscita ad aumentare la produzione e sta pompando circa 1,49 MMbbls/d”.
“Il disaccordo tra i membri -continua ING nel suo Commodities Feed- aumenterà probabilmente la volatilità del mercato nel corso della prossima settimana. Non è chiaro come questo influenzerà la politica generale, o se potrebbe avere un impatto sull'Arabia Saudita che estenderà il suo ulteriore taglio volontario di 1MMbbls/d all'inizio del 2024”.
Dello stesso avviso Eric Lee di Citigroup, secondo cui lo spostamento della riunione dell'OPEC+ "accresce il dramma, ma probabilmente non cambia il risultato". Per l’esperto, alla fine l'Arabia Saudita continuerà ad applicare un taglio volontario di 1 milione di barili nel 2024, mentre gli altri membri si impegneranno a mantenere le quote esistenti fino al prossimo anno.
Prezzi Petrolio: si riduce lo spread della backwardation
Nelle ultime settimane, i prezzi del petrolio sono stati penalizzati dall'incremento della produzione non-OPEC e dalle indicazioni negative arrivate dal primo importatore, la Cina, che hanno spinto i commentatori a stimare conferma, o un addirittura un incremento, dei tagli alla produzione di greggio da parte dell'Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio e dei suoi alleati.
Questo ha spinto il mercato di questa commodity a ridurre lo “spread” tra le varie scadenze: nonostante si confermi in backwardation, la condizione per cui i prezzi forward sono inferiori al prezzo spot (Backwardation: cosa è e come funziona), il prezzo del Brent ha visto scendere la differenza tra i due contratti più vicini dal dollaro di un mese fa, a circa 10 centesimi.