La politica monetaria riprende la scena questa settimana, con il meeting della BCE che catalizzerà l’attenzione degli investitori e farà da preambolo alla riunione della Fed. L’ottava che si è conclusa si è dimostrata decisiva per decifrare quanto faranno i banchieri centrali europei ed americani: taglieranno il costo del denaro in occasione dell’ultima riunione di questo 2024.
Certamente la decisione arriva con due economie caratterizzate da uno stato di salute molto diverso. La Germania permane il grande malato del Continente, come mostrato negli ultimi giorni dal nuovo calo della produzione e degli ordinativi industriali e ancor più dalla prima contrazione negli ultimi mesi del PMI servizi.
Se la prima economia del Vecchio Continente non sorride, non lo fanno nemmeno Francia e Italia. Parigi è alle prese con la crisi di Governo, Roma ha visto OCSE e ISTAT tagliare le prospettive del Pil per il 2024 e il 2025. I falchi sembrano spariti e Lagarde dovrebbe annunciare un taglio di almeno 25 punti base a dicembre. Il 2025 dovrebbe poi vedere altre 4 riduzioni del costo del denaro.
Viceversa l’America si trova in un punto di equilibrio in cui l’economia gira ancora come il mercato del lavoro ma l’inflazione non fa più paura. Un dolce soft landing per gli investitori che contribuisce ad avere Wall Street ai massimi storici.
Torna la BCE: -25 o -50 punti base?
Una eterogeneità particolarmente forte ha da sempre favorito soluzioni di compromesso all’interno del board della BCE. Spesso i tagli dei tassi sono stati “hawkish”, altre volte invece una stretta ha avuto venature “dovish”.
Questo perché, se è una parte a decidere, occorre fornire un contentino ai “rivali”. Nel caso del meeting della prossima settimana, le “colombe” guardano ai dati sulla crescita, e quindi chiedono un intervento deciso da 50 punti base, mentre i “falchi” - anche se spesso appartengono all’area economica tedesca, quella più in difficoltà - restano concentrati sull’andamento dei prezzi al consumo, e quindi ritengono che una riduzione da -25pb sia sufficiente.
Come spesso accade, ed accadrà anche questa volta, nessuna delle due fazioni ha pienamente ragione: rispetto al meeting di ottobre gli indicatori di fiducia si sono indeboliti mentre l’inflazione generale è accelerata.
Ma quella che inizia oggi è anche la settimana dell’inflazione statunitense, che a sua volta finirà per influenzare la decisione che la Fed prenderà il prossimo 18 dicembre. Ed a rimarcare la rinnovata rilevanza degli istituti centrali, l’avvicinamento al meeting BCE di giovedì avverrà con le riunioni della Reserve Bank of Australia (martedì), della Bank of Canada (mercoledì) e della Swiss National Bank (giovedì). In questi casi il consenso è più netto: tassi confermati nel primo caso, in riduzione negli altri due (rispettivamente -50 e -25 pb).
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