Con quattro settimane consecutive di ribasso l’agonia dell’euro prosegue e per il momento non sembrano esserci all’orizzonte concreti segnali di inversione nella tendenza "bearish". Tra poco esaminerò il grafico per capire se ci sono possibilità di rimbalzo per la moneta unica, ma intanto non posso che annotare come i dati macroeconomici giustifichino l’approccio del mercato verso il cambio.
Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo il Pil atteso negli Usa per il 2024 e 2025 (rispettivamente 2,8% e 2,2%), mentre ha rivisto al ribasso quello della zona Euro (rispettivamente 0,8% nel 2024 e 1,2% nel 2025).
Con questi numeri è evidente che l’inflazione statunitense potrebbe rallentare il passo di rientro anche a causa di salari che rimarranno in tensione. La FED, di conseguenza, vede con un po' con disappunto i tagli nei tassi attesi dal mercato che, se ci saranno, avranno un’entità minore di quello che si aspettava il mercato stesso fino a poco tempo fa.
Banche centrali: cosa faranno BCE e Fed?
Al momento vengono prezzati tra i 150 e i 175 punti base di riduzione del costo del denaro in Europa. Ridotti invece a 125 i punti base attesi in ridimensionamento dall’altra parte dell’Atlantico.
In Eurolandia i problemi sono diversi. L’inflazione sta rientrando più che per meriti della BCE per effetto di una crescita molto fiacca, che impone alla BCE un atteggiamento più "dovish" sui tassi di interesse. Ampliando così il differenziale tassi con gli Stati Uniti e di conseguenza la debolezza dell’euro rispetto al dollaro.
Il timore di Lagarde e gli altri banchieri centrali europei è quello di un improvviso risveglio dell’inflazione a causa di un ciclo globale in accelerazione proprio grazie a politiche monetarie più distensive in USA e Cina e per questo l’approccio BCE si mantiene quello di tagli graduali nel costo del denaro.
EUR/USD: sentiment negativo nei confronti dell’euro
Andando a EUR/USD non possiamo non notare come il test di area 1,12 si è risolto nel modo più drammatico possibile per la moneta unica europea. Una discesa di quattro settimane consecutive della quale ancora si fatica a vedere la fine.
Il rialzo cominciato nel 2023, quando l’euro scivolò a 1,04, trova proprio dalle parti di 1,078/1,08 un punto di sostegno cruciale. E considerando che i bottom primari per il cambio sono arrivati nel momento in cui l’ipervenduto su scala settimanale era importante come ora, non si può essere insensibili a questo sentiment così negativo nei confronti dell’euro che si materializza anche in una sfiducia evidente sulla Francia i cui rendimenti sono diventati superiori a quelli spagnoli e portoghesi.
Il "long" EUR/USD qui ci potrebbe anche stare, ma attenzione a non cercare a tutti i costi di voler afferrare il coltello che cade. I rischi sono alti (non dimentichiamo nemmeno le elezioni americane fra qualche giorno) e gli stop loss devono essere molto stretti. Sotto 1,065 al momento credo che ogni operazione long dovrebbe essere chiusa in attesa di nuove price action che possono confermare una diversa volontà del mercato.