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USD/JPY oggi ha rallentato la sua corsa nei mercati valutari perdendo circa mezzo punto percentuale e attestandosi a 152. Nella seduta di ieri però aveva superato quota 153, livello massimo dallo scorso luglio. Fino a qualche mese fa gli esperti di mercato attribuivano la forza del cambio al fatto che la divergenza di politica monetaria delle Banche centrali di USA e Giappone favorisse il dollaro rispetto allo yen. La
Federal Reserve da marzo 2022 ha intrapreso una serie di strette sui tassi di interesse portando il costo del denaro a oltre il 5%; nel contempo la
Bank of Japan proseguiva nella sua politica ultra-accomodante incarnata dall'ex-governatore Haruhiko Kuroda che si basava su tassi negativi.
Da un po' di tempo le tendenze si sono invertite. A luglio la BoJ ha alzato i tassi di un quarto di punto seguendo l'uscita dal regime di rendimenti negativi attuata a marzo. A settembre la Fed ha effettuato un maxi-taglio dello 0,5% dei tassi di riferimento, iniziando ufficialmente il ciclo di allentamento. Ciò nonostante, il cambio USD/JPY sta continuando a salire. Nel solo mese di ottobre ha guadagnato circa 6 punti percentuali. Cosa spiega questo rally?
I dati macro sull'economia americana dimostrano buone condizioni di salute, alimentando le aspettative che la Fed non sia così aggressiva nella riduzione del costo del denaro nelle prossime riunioni così come lo è stata a settembre. Tuttavia, secondo gran parte di analisti e investitori, il mercato sta scontando principalmente l'affermazione di Donald Trump alle elezioni americane del 5 novembre. In sostanza, il dollaro USA ormai è considerato un Trump-trade, in quanto l'applicazione dei dazi commerciali che imporrebbe il leader repubblicano in caso di nuovo mandato alla Casa Bianca, finirebbero per alimentare l'inflazione e quindi tassi alti più a lungo.
USD/JPY: le prospettive degli strategist
Questa mattina, il ministro delle Finanze giapponese Katsunobu Kato ha dichiarato che sta monitorando i movimenti valutari con maggiore senso di urgenza dopo l'ulteriore indebolimento dello yen nei confronti del dollaro USA. Ciò potrebbe essere il preludio per un intervento programmato del governo sulla falsariga delle azioni compiute in passato. A quale livello di prezzo dell'USD/JPY ciò avverrà è oggetto di dibattito tra gli esperti di mercato.
Intanto aumenta il numero di coloro che vedono "il ninja" nuovamente a 160. "Se la BoJ non si muoverà a ottobre e i tassi statunitensi rimarranno alti fino a dicembre, con questa velocità di deprezzamento dello yen, c'è un'alta probabilità di vedere il cambio a 160", ha detto Shoki Omori, Chief desk strategist di Mizuho Securities Co.
Della stessa opinione è Shusuke Yamada, responsabile della strategia valutaria e dei tassi giapponesi presso BofA Securities Japan a Tokyo. L'esperto reputa che ci sia "il rischio di un calo dello yen a 160 sul dollaro se le posizioni corte in yen guadagnano slancio nel breve termine". Yamada osserva che "le posizioni speculative lunghe sulla valuta giapponese non sono state ancora adeguate nella stessa misura di quelle corte".
Hideo Shimomura, senior portfolio manager di Fivestar Asset Management Co. a Tokyo, vede un rischio Trump per lo yen. "C'è un senso di consapevolezza dei rischi fiscali che sorgeranno dopo le elezioni presidenziali, e del rischio che questi accelerino ulteriormente se Trump sarà eletto, quindi sarà difficile che i rendimenti USA a lungo termine scendano nel breve", ha dichiarato.
C'è chi però sostiene che alla lunga le pressioni sullo yen caleranno via via che viene meno il rischio politico. "C'è la possibilità che l'USD/JPY salga a circa 160", ha detto Akira Takei, gestore obbligazionario di Asset Management One Co. con sede a Tokyo. "Ma i rendimenti a lungo termine degli Stati Uniti probabilmente scenderanno verso la fine dell'anno, e poi lo yen tornerà a 150 per dollaro".