Lo yen sarà destinato a rafforzarsi, perché la politica monetaria della
Bank of Japan perderà gradualmente la sua impronta accomodante. Nella notte si è tenuta la prima riunione da parte della Banca centrale giapponese sotto la guida di
Kazuo Ueda, che è succeduto a
Haruiko Kuroda. La partenza in sordina da parte del nuovo governatore non ha comunque cambiato le aspettative che
la curva dei rendimenti subirà delle modifiche e piano piano si procederà al
rialzo dei tassi d'interesse una volta che l'inflazione in Giappone sarà diventata realtà consolidata.
Tutto ciò
potenzierà la valuta nipponica, che dai minimi di 30 anni contro il dollaro USA raggiunti a ottobre 2022, ha guadagnato l'11%. Da tempo immemore Kuroda ha tenuto i tassi negativi e ha comprato tutto il comprabile sui mercati finanziari per cercare di rilanciare la crescita nel Paese, combattendo la
deflazione. La conseguenza è stata che gli investitori nipponici hanno cercato fortuna all'estero in caccia di rendimenti più apprezzabili. Da quando però il mercato ha avuto sentore di un cambio di prospettiva, i rendimenti hanno cominciato a salire e i capitali stanno rientrando, portando negli ultimi mesi allo sprint dello yen.
Mercati finanziari: ecco cosa comporterà uno yen forte
L'inflazione giapponese ai massimi degli ultimi decenni lascia pochi spazi a dubbi sul percorso che seguirà la BoJ e l'effetto che avrà sulla valuta. I gestori di portafoglio quindi dovranno tenere conto di un super yen come non accadeva da anni? Probabile. Secondo Frederic Leroux, responsabile valutario di Carmignac, "l'innesco per la rivalutazione dei mercati giapponesi è tassi più alti e poi uno yen più forte. È un mercato che è stato sottovalutato per anni e anni ed è stato una trappola del valore". A suo giudizio, una valuta domestica rinforzata aumenterebbe il potere delle famiglie di acquistare beni importati, il tutto combinato per far ripartire potenzialmente l'economia.
Con questo scenario, i mercati avranno sicuramente una scossa, soprattutto sul fronte obbligazionario. "Stiamo per assistere a un rimpatrio di asset in Giappone, e i numeri sono davvero grandi. Questa inversione potrebbe essere davvero drammatica", ha dichiarato Sam Perry, senior investment manager di Pictet Asset Management. L'impatto potrebbe essere enorme, anche perché da soli i principali investitori istituzionali giapponesi come assicuratori e fondi pensione detengono 1.840 miliardi di dollari in attività estere, secondo i calcoli di Deutsche Bank.
La banca tedesca mette in risalto il fatto che nel mercato obbligazionario globale, il Giappone risulta un peso massimo, con i suoi investitori che possiedono quasi il 6% dei bond australiani, il 4,1% del debito francese e oltre 1.000 miliardi di dollari dei titoli di Stato americani. La portata di un ritiro del denaro da questi Paesi potrebbe quindi essere catastrofica. "In assenza di tale liquidità si corre il rischio che il mercato eserciti pressioni su alcune delle sue parti più deboli, come le obbligazioni periferiche nella zona euro", ha affermato Wouter Sturkenboom, chief investment strategist per l'EMEA di Northern Trust Asset Management.
Ora Deutsche Bank stima che gli investitori domestici acquisteranno ulteriori 600 miliardi di dollari di obbligazioni nazionali "una volta che la BoJ si allontanerà dai suoi massicci acquisti di JGB, che hanno soppresso i rendimenti".
I mercati potrebbero essere scossi anche sul versante azionario. In questo momento l'indice Nikkei è scambiato a 14,7 volte gli utili attesi, ben al di sotto del multiplo di 22,7 dell'S&P 500. Il rientro dei capitali giocoforza riporterebbe liquidità anche nella Borsa del Sol Levante, a lungo trascurata dai trader domestici. Non sono pochi gli investitori, tra cui Carmignac, che hanno modificato la loro posizione sulle azioni giapponesi, portandoli da sottopeso a neutrale.