Yen: sta tornando il carry trade, ecco i motivi | Investire.biz

Yen: sta tornando il carry trade, ecco i motivi

03 dic 2024 - 10:00

03 dic 2024 - 10:10

Dopo la grande liquidazione estiva, le posizioni di carry trade con lo yen valuta di finanziamento stanno tornando in auge. Ecco le attese 2025

Gli speculatori stanno tornando a costruire le posizioni corte sullo yen riproponendo il carry trade. Secondo un'analisi di Bloomberg sui dati della Financial Futures Association of Japan, della Tokyo Financial Exchange e della Commodity Futures Trading Commission degli Stati Uniti, gli hedge fund e i gestori patrimoniali nel mese di novembre hanno aumentato gli "short" sulla valuta giapponese portandoli a 13,5 miliardi di dollari, rispetto ai 9,74 miliardi di dollari di ottobre.
 
Il carry trade è una strategia che consiste nel finanziarsi con una valuta a basso rendimento per investire in asset con ritorni più elevati. Lo yen negli ultimi anni si è prestato benissimo a essere la divisa in cui gli speculatori hanno preso a prestito per via del suo ridotto costo di finanziamento.
 
Dalla fine del 2021, le operazioni finanziate dallo yen che puntavano su 10 delle valute principali e dei mercati emergenti hanno reso il 45%, rispetto a un rendimento del 32% dell'indice S&P 500 tenuto conto dei dividendi reinvestiti (dati Bloomberg). Questo spiega il grande interesse degli investitori, che a fine luglio hanno accumulato posizioni fino a 21,6 miliardi di dollari.
 
La potenza del carry trade si è vista quando questa estate c'è stata una furiosa liquidazione delle posizioni in essere a seguito dell'aumento dei tassi di interesse della Bank of Japan di un quarto di punto e dei pessimi dati sull'occupazione americana. In sole tre settimane, lo smantellamento ha determinato un crollo dei mercati azionari globali, cancellando circa 6.400 miliardi di dollari. 
 
 

Yen: cosa spiega il ritorno del carry trade

Il ritorno del carry trade può essere spiegato dalla differenza dei tassi di interesse tra il Giappone e gli altri Paesi, in particolare gli Stati Uniti. Questo nonostante la BoJ si accinga a un graduale rialzo del costo del denaro, mentre le altre Banche centrali stanno tagliando. In realtà, il divario è ancora ampio.
 
Il Sol Levante ha i tassi fermi allo 0,25%, gli USA li tengono nell'intervallo 4,5%-4,75%, benché da settembre la Fed abbia già tagliato due volte per complessivi 75 punti base. "Anche se il Giappone aumentasse il tasso di interesse a circa l'1%, la logica del carry trade rimarrebbe comunque solida", ha affermato Felix Ryan, analista valutario presso l'Australia & New Zealand Banking Group Ltd. di Sydney.
 
Gli investitori poi si aspettano che il ritmo delle sforbiciate della Fed sarà lento in vista del probabile aumento dei dazi da parte del neo presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. Nuove tariffe più aggressive rischiano di scatenare l'inflazione negli Stati Uniti, costringendo la Banca centrale americana a rimanere vigile. Ciò comporta che presumibilmente i tassi verranno tenuti alti per un periodo più lungo, escludendo maxi-tagli come quello di mezzo punto effettuato a settembre. 
 
 

Cosa aspettarsi per il 2025

Il divario dei tassi di interesse tra il Giappone e gli altri Paesi, unitamente all'indebitamento pubblico in aumento degli Stati Uniti e alla bassa volatilità sui mercati valutari, possono determinare un aumento ulteriore delle operazioni di carry trade il prossimo anno.
 
"L'ampio differenziale dei tassi assoluti rispetto allo yen significa che quest'ultimo sarà sempre visto come una valuta di finanziamento", ha detto Alvin Tan, responsabile della strategia Asia FX presso la Royal Bank of Canada a Singapore. "Il motivo principale per cui lo yen non verrebbe utilizzato come valuta di finanziamento per un carry trade è a causa della volatilità".
 
Della stessa opinione sono gli strategist di Mizuho Securities Co., secondo cui è possibile aspettarsi un ritorno del carry trade ai livelli visti prima della grande liquidazione di questa estate. A gettare i mercati valutari in subbuglio, è il ritorno al potere di Donald Trump, hanno avvertito gli esperti. Il concetto è stato ribadito anche da Charu Chanana, chief investment strategist di Saxo Markets. "È improbabile che i rialzi dei tassi della BoJ siano sufficienti a colmare il divario di rendimento tra Giappone e Stati Uniti. Con il debito e la situazione fiscale degli Stati Uniti chiaramente tra le principali aree di interesse nella prossima amministrazione Trump, ci sarà probabilmente spazio per i carry trade in yen".
 
C'è però qualche voce fuori dal coro, come quella di Jane Foley, responsabile della strategia FX di Rabobank. A suo giudizio, "il Ministero delle Finanze giapponese si è già riallacciato ai rapporti con gli speculatori attraverso un intervento verbale e i timori di un rialzo dei tassi della BoJ a dicembre sono tenuti vivi dalla retorica del governatore Kazuo Ueda". Questo dovrebbe "garantire che il carry trade manchi della fiducia e dello slancio che erano evidenti in primavera", ha aggiunto.
 
 
 
 

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