Entro la fine dell'anno,
Thomas Jordan lascerà la guida della Swiss National Bank (SNB) dopo 12 anni. Il 61enne originario di Bienne si dimetterà a settembre e chiuderà l'era più longeva per un banchiere centrale in Svizzera. Non è raro che un presidente della SNB si dimetta di propria iniziativa in un Paese in cui non ci sono limiti di mandato per i governatori, tuttavia l'annuncio della partenza ha sorpreso tutti.
"Dopo aver affrontato le varie sfide degli ultimi anni, ora è il momento giusto per dimettermi", ha detto Jordan nella dichiarazione ufficiale. "Le sfide degli anni passati, tra cui il Covid, la guerra in Ucraina e la crisi del Credit Suisse, mi hanno impedito di dimettermi. Dopo aver ripristinato con successo e garantito la stabilità dei prezzi, la situazione è ora cambiata", ha aggiunto.
Sarà Schlegel il successore di Thomas Jordan?
Chi prenderà il suo posto ancora non è dato di saperlo, anche se il candidato più probabile potrebbe essere l'attuale vicepresidente Martin Schlegel. Spesso accade che sia il vicepresidente a succedere al capo in carica della SNB. Ciò è valso per lo stesso Jordan quando nel 2012 prese il posto di Philip Hildebrand. L'eredità che lascerà Jordan comunque sarà molto pesante, perché negli anni il banchiere si è costruito una figura forte e influente, facendo spesso discutere per alcune sue scelte ritenute da alcuni coraggiose, da altri sconsiderate.
Non sempre in sintonia con la classe politica e con i capi d'azienda svizzeri, Jordan è stato chiamato a gestire situazioni estremamente impegnative, come il rafforzamento del cambio durante la crisi dei debiti sovrani in Europa, l'inflazione ai livelli più alti degli ultimi 40 anni e, lo scorso anno, la delicata operazione di salvataggio della seconda più grande banca del Paese, il Credit Suisse, attraverso la fusione con UBS.
Thomas Jordan: l'uomo della rimozione del peg
Thomas Jordan si è laureato ad Harvard e ha militato molti anni come alto funzionario della SNB prima di prendere le redini nel 2012. All'epoca, il dimissionario Philip Hildebrand fu coinvolto in uno scandalo valutario, in cui la moglie venne accusata di operazioni sul cambio
EUR/CHF prima che il banchiere centrale prendesse la decisione di fissare il peg a 1,20.
L'ingresso di Jordan quindi fu accompagnato da polemiche e turbolenze, ma l'allora neo-presidente fu molto fermo nella prosecuzione della politica monetaria del suo predecessore, ovvero di evitare l'eccessiva rivalutazione del franco svizzero che in quel periodo stava penalizzando le esportazioni del Paese.
I trader però lo ricordano per una data storica che segnò il collasso del mercato valutario: il 15 gennaio 2015 (
EUR/CHF: il 15 gennaio 2015 fu il giorno del collasso). Quel giorno fu preceduto da dichiarazioni ferme del presidente della SNB che prometteva di tenere fermo il floor EUR/CHF a 1,20, mentre la pressione del mercato per acquistare franchi in un periodo di grande tormento per l'Eurozona si faceva sempre più intensa. Verso le 10 di mattino - quindi a mercati aperti - Jordan prese una decisione che lasciò tutti di sasso, ovvero la
rimozione del peg.
Quello che successe in quel momento nel Forex fu qualcosa di indicibile. Un effetto sismico di proporzioni immani. Nell'arco di pochi minuti, l'EUR/CHF precipitò di oltre il 40% a circa 0,70. Le quotazioni fecero un volo pindarico e i trader non riuscirono a chiudere le posizioni in stop. Le piattaforme impazzirono e i dealer non davano più i prezzi. Moltissimi conti di trading andarono in rosso e il debito non fu ripagato. Di conseguenza, alcuni broker fallirono, mentre altri furono salvati con piani di finanziamento lacrime e sangue.
La scelta di Jordan sollevò un vespaio di polemiche e da allora la Banca centrale svizzera perse molta credibilità negli ambienti finanziari. Si discusse in quei giorni su cosa avesse spinto il capo dell'autorità monetaria elvetica a intervenire in un modo così dirompente, a mercati aperti, in un'ora in cui gli scambi erano molto elevati. Qualcuno ovviamente fece dietrologia, ma servì a poco.
Jordan motivò la scelta come la difficoltà a sostenere il peg, mentre il governatore della Banca centrale europea, Mario Draghi, si apprestava a lanciare il quantitative easing che avrebbe indebolito ulteriormente l'euro. Restano ancora molti dubbi, soprattutto legati al fatto che solo pochi giorni prima Jordan aveva dichiarato che la SNB avrebbe fatto di tutto per proteggere il floor. Quindi perché agire in quel modo? La domanda ancora riecheggia tra molti trader che rimasero coinvolti in quella storia, senza che ancora sia stata data una risposta convincente.