Nell'ambito della strategia di uscita dal capitale della banca, il governo ha collocato il 15% delle azioni Banca Monte dei Paschi di Siena (MPS). La cessione è avvenuta attraverso la procedura dell'accelerated bookbuilding a un prezzo di
5,792 euro per azione, che implica un premio del 5% rispetto all'ultimo prezzo di chiusura del titolo MPS alla
Borsa di Milano.
L'operazione ha portato nelle casse del Tesoro circa 1,1 miliardi di euro. Gli introiti si aggiungono agli 1,6 miliardi di euro incamerati finora dallo smantellamento della quota originaria del 64%, con due collocamenti negli ultimi 12 mesi. La partecipazione del Ministero dell'Economia e delle Finanze è così scesa dal 26,7% all'11,7%.
Grazie a quest'ultima transazione, il governo Meloni ha segnato una tappa importante in un lungo processo di ristrutturazione iniziato nel 2017 con la nazionalizzazione di MPS e che ha lasciato dietro polemiche per l'utilizzo di denaro pubblico al fine di salvare una banca gestita male.
Nel frattempo l'Italia ha stabilito un accordo con l'Unione europea per la ri-privatizzazione totale dell'istituto di Rocca Salimbeni, che ha avuto più di uno slittamento ma che ora sembra giunta alle battute finali. "Abbiamo portato a termine un'importante azione con la realizzazione di un'operazione bancaria e finanziaria italiana volta a rafforzare l'azionariato", ha dichiarato il ministro dell'Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti in un comunicato.
MPS: ecco chi ha acquistato la quota del Tesoro
Chi sono stati gli acquirenti? Banco BPM ha comprato il 5%, ma questa operazione si inserisce nel contesto dell'OPA totalitaria annunciata il 6 novembre su Anima Holding (di cui già è proprietaria del 22%), che a sua volta è passata dall'1% al 4% del capitale di MPS. Quindi, Banco BPM controllerebbe potenzialmente una partecipazione del 9%.
L'istituto di credito guidato da Giuseppe Castagna ha fatto sapere in un comunicato che non ha intenzione di chiedere l'autorizzazione alla Banca centrale europea di salire al 10% e oltre del capitale di MPS. Tuttavia, l'ultima transazione conferma come nel sistema bancario europeo si stia procedendo verso quel maggior consolidamento desiderato dalle autorità del Vecchio Continente, come dimostra soprattutto l'acquisto di quote importanti di Commerzbank da parte di UniCredit.
Banco BPM ha comunicato anche che l'acquisto della partecipazione in MPS ha un impatto sul CET1 ratio al 30 settembre 2024 di -9 punti base e non influenzerà la politica di distribuzione esistente presso gli azionisti. Sulla base delle ultime stime di consensus, l’investimento genererà un rendimento annuo del 14% circa sotto forma di dividendi, con un impatto positivo sull’utile per azione pari a circa il 2,5%.
Quanto ad Anima, MPS rappresenta il primo distributore di prodotti, dopo Banco BPM. Quindi, l'operazione si inquadra in un processo di rafforzamento di una partnership strategica per la crescita futura del gestore patrimoniale e delle sue controllate.
Il resto della quota del MEF è stato acquisito dal gruppo Caltagirone per il 3,5% e da Delfin, la holding della famiglia Del Vecchio per la medesima quota. L'ingegnere fa un grande ritorno nella banca in cui era stato presidente fino al 2012 e unisce la partecipazione in MPS a quella del 7,66% in Mediobanca (ridotta il mese scorso dal 9,98%). Quanto alla famiglia Del Vecchio, MPS si aggiunge alle partecipazioni in Mediobanca (primo azionista con il 19,8%) e Generali.
Insomma, l'assetto che si è delineato in MPS rientra nei piani del Tesoro. Il governo, infatti, dall'inizio puntava sull'italianità del progetto di un polo da collocarsi alle spalle di Intesa Sanpaolo e UniCredit nel panorama bancario italiano.