L’ultima correzione di mercato ha indubbiamente visto come protagonisti in negativo le Borse americane, molto meno quelle europee o emergenti.
Ma non tutta la Borsa americana ha indossato l’abito della correzione (o addirittura del bear market come le azioni chiamate Magnifiche 7). O meglio, questo vestito a livello generale di indici come S&P 500 o Nasdaq 100 è stato effettivamente messo, ma in realtà ci sono pezzi di sottoindici che questa correzione non l’hanno praticamente vista.
Sto parlando ad esempio delle azioni value, di quelle a bassa volatilità (classico fattore smart beta), di quelle cosiddette aristocratiche con politiche di dividendi orientate alla crescita. Nel confronto con l’indice Nasdaq 100 questa frattura è evidente.
Borse USA: la correzione non è arrivata per tutti
Se prendiamo l’andamento degli ultimi tre mesi dell’ETF Invesco Nasdaq 100 scopriremo che la correzione è ovviamente stata in doppia cifra.
Virando verso ETF con fattore value come iShares Msci Usa Value, notiamo che la perdita è praticamente irrilevante e di poco inferiore allo zero.
Stessa sorte per gli aristocratici del dividendo che con SPDR hanno limitato i danni di questa fase di mercato ad un paio di punti percentuali di calo.
E nel gruppo rientra anche iShares S&P500 Min volatility che ha realizzato lo stesso risultato degli altri due ma con una volatilità inferiore (soprattutto rispetto al value) e praticamente dimezzata rispetto a quella del Nasdaq 100.
La forza della diversificazione è anche questo anche se un indice teoricamente diversificato come lo S&P500 non l’ha catturata in pieno risultando negli ultimi 3 mesi in calo di oltre l’8%.
Ovviamente qui pesa la tecnologia e ci accorgiamo di questo facendo un altro confronto molto utile per comprendere quanto sia importante diversificare tra varie fonti il portafoglio di investimento.
Rimanendo sempre in terra americana (la geografia ha svolto un altro eccezionale ruolo di diversificazione) il confronto tra ETF che investono in versione tradizionale su S&P500 e ETF che replicano l’indice, ma non come cap weighted, bensì come equal weighted (quindi ogni azione ha lo stesso peso all’interno del paniere dell’indice S&P 500), scopriamo che questi ultimi hanno perso praticamente la metà del tradizionale S&P 500 posizionandosi non così lontani dal drappello di ETF citati in precedenza. Evidente come il minore bias growth ancora una volta ha esercitato un fattore di freno al ribasso per gli ETF equal weighted.
Queste sono valutazioni ovviamente di breve periodo che nel corso del tempo potrebbe anche rappresentare una zavorra per un portafoglio di investimento. Come hanno dimostrato gli ultimi anni dove le azioni growth hanno sperimentato rialzi incredibili.
Ma è quando la volatilità negativa si presenta che l’investitore mette in dubbio tutti i progetti di investimento pianificati, con la psicologia che gioca un ruolo decisivo portando a volte a scelte sbagliate. Avere degli ammortizzatori non è quindi mai una cattiva idea, pur sacrificando magari qualche punto di performance nel lungo periodo, ma garantendo serenità nelle fasi più concitate di mercato.