Il mercato delle materie prime è una somma di componenti. Dalle commodity legate all’energia come petrolio e gas naturale, ai metalli industriali, passando da preziosi come l’oro per arrivare alle materie prime agricole come mais e frumento.
Gli indici di commodity cercano di fare una sintesi di questa varietà con pesi differenti a seconda del provider che crea l’indice stesso; naturalmente non tutti gli ETF che replicano questi indici diversi tra loro nella composizione finale hanno andamenti simili.
Ad esempio, negli ultimi tempi hanno fatto molto bene quegli indici di materie prime con un sovrappeso di metalli preziosi, in altri momenti quelli dove prevaleva il petrolio, oggi sono i metalli industriali i protagonisti trascinati dal rame a fare bene.
Come sempre è inutile fare troppe speculazioni su quale sub settore andrà meglio o peggio in futuro e mettere tutte le uova nello stesso paniere non è mai una cattiva idea. Non sarà qualche punto percentuale di differenza tra le materie prime che compongono il portafoglio a rendere efficace o meno l’investimento.
Altro fattore da considerare in questo momento di ripresa dell’asset class commodity è il fattore cambio. Tutti i contratti futures sottostanti un indice di commodity sono scambiati in dollari americani e di conseguenza la forza del prezzo delle materie prime potrebbe risultare smussata dalla debolezza del cambio.
Non è un caso che le commodity vanno meglio in un ambiente di dollaro debole, sempre nominalmente parlando e al netto della conversione in euro.
Investire in commodity con gli ETF: la composizione dell'Invesco Bloomberg Commodity
L’ETF più capitalizzato in assoluto sul mercato è Invesco Bloomberg Commodity. Strumento ovviamente a replica passiva con quasi 3 miliardi di euro di masse amministrate che nell’ultimo anno ha raccolto una performance del 10%, ma che a 3 anni è ancora in deficit di poco meno del 2%.
ETF molto conveniente per quello che riguarda i costi (0,19% all’anno di spese correnti), CMOD, questo il ticker, nasce nel 2017 e dal lancio guadagna oltre il 35%. Replicante dell’indice generalista Bloomberg, questo ETF replica una composizione di contratti futures di tutte le principali materie prime.
Il 30% dell’ETF è distribuito su commodity energetiche come petrolio e gas, il 23% a materie prime cerealicole come mais e frumento, il 19% metalli preziosi come oro e argento e poi seguono metalli industriali come rame e alluminio per il 15%, soft commodity e bestiame per il resto.
Un ETF quindi ben diversificato dove la prima materia prima per peso è l’oro con il 14%, seguito da gas naturale (americano) con il 9% e petrolio Brent (7%).
La stessa versione di ETF è presente anche in versione a cambio coperto (Eur hedged) ad un costo leggermente superiore (0,25%). Nel confronto a 3 anni in questo caso il passivo di performance è superiore e pari al 10%, anche se da inizio anno il recupero è stato importante.
E proprio l’effetto dollaro sembra essere il motivo della correzione in corso dopo l’uscita da una lunga fase laterale.

Come vediamo dal grafico, dal 2023 fino all’inizio del 2025 l’ETF di Invesco ha vissuto una lunga fase di trading range dopo i massimi realizzati nel 2022 post Covid quando i prezzi delle commodity salirono vertiginosamente. Questa fase di stallo successiva sembrava aver trovato un esaurimento ad inizio 2025 con un break rialzista, ora rimesso in discussione nonostante i nuovi record nel prezzo dell’oro.
Se il 2025 sarà l’anno delle commodity questo pull back sembra essere l’occasione giusta per sfruttare lo sconto offerto dal mercato. Pericoloso sarebbe al contrario un ritorno all’interno del range che aveva accompagnato l’ETF nei mesi precedenti.