Da inizio anno, l'indice S&P 500 evidenzia un rialzo di circa il 6%. Gran parte di questo aumento è stato determinato da un numero ristretto di società: le 20 maggiori aziende che fanno parte del benchmark hanno aggiunto quasi 2.000 miliardi di dollari di capitalizzazione in questi primi mesi, mentre i restanti 480 titoli appena 170 miliardi di dollari.
Il contributo di colossi come Apple, Microsoft e Nvidia è stato quindi fondamentale per la performance del principale paniere di Wall Street. I partecipanti minori invece hanno sottratto poco valore di mercato, nonostante le forti perdite (come ad esempio le banche, le più interessate dalla crisi finanziaria). Charles Schwab ha perso in Borsa circa un terzo di valore, però ha sottratto solo lo 0,15% all'S&P 500; ancora meno ha pesato la moribonda First Republic Bank, che ha registrato un crollo nei pressi del 90% e ha preso all'indice solo lo 0,08%.
Wall Street: ecco perché bisogna preoccuparsi
Questa dispersione non è molto tranquillizzante. Le megacap hanno per il momento beneficiato della
rotazione degli investitori verso la tecnologia, grazie soprattutto alle aspettative che la
Federal Reserve sia a un passo dal picco sui tassi d'interesse. Il problema è che se il vento dovesse cambiare e le big tech ritracciare in maniera consistente,
l'S&P 500 potrebbe subire una correzione anche molto forte. "La nostra opinione è che la tecnologia megacap sia stata un beneficiario delle vendite in altri settori, ma alla fine una volta effettuata la rotazione, gli indici sono piuttosto vulnerabili", ha scritto Jonathan Krinsky, capo tecnico di mercato di BTIG.
Ma quali potrebbero essere gli accadimenti da far cambiare il sentiment del mercato? Attualmente gran parte dei titoli che guidano il rialzo di Wall Street viaggiano al di sopra della loro media mobile a 50 giorni, segno eloquente che gli investitori hanno prospettive positive per i prossimi mesi. Ora però si apre la stagione degli utili e qualche scricchiolio potrebbe cominciare a sentirsi, in particolar modo per quanto riguarda la guidance e le possibili revisioni degli utili.
Nel complesso, le grandi aziende tecnologiche hanno dato prova di discreta resilienza all'aumento dei tassi d'interesse della Fed e alla forza del superdollaro. Il calo degli utili, però, secondo diversi analisti, non è stato sufficiente a far scendere abbastanza le stime. Ciò implica una probabilità più alta di sorprese negative quando verranno pubblicati i dati.
Un altro elefante nella stanza potrebbe essere rappresentato dallo sviluppo della crisi bancaria. In questo momento si tende a ignorarla, soprattutto a non considerare i possibili effetti nella sua gravità. Ed è anche vero che da quando è iniziata, le grandi aziende tech sono state viste come una sorta di asset rifugio. Ma se tale crisi dovesse veramente estendersi e colpire indistintamente tutti i vari settori, chi garantisce che il sell-off a Wall Street risparmierebbe qualcuno? Questi punti di domanda trasferiscono incertezza nelle scelte degli investitori in rapporto alla durata del rally e impongono comunque di mantenere alta la guardia.