All’interno dei 10 ETF azionari più sottovalutati al mondo secondo la metrica del CAPE di Shiller, c’è anche quel mercato inglese che un secolo fa era l’equivalente di quello che rappresentano oggi gli indici americani. Il cuore del mondo finanziario.
Il CAPE (rapporto tra prezzi e utili aggiustati per il ciclo economico) della borsa del Regno Unito è oggi attorno a 16 e mette in luce una piazza non certamente sopravvalutata che trova in alcune sue peculiarità la spiegazione di questo fenomeno.
Secondo Research Affiliates le aspettative di rendimento per i prossimi 10 anni sulla base di queste valutazioni sono del 9,3% annuo con una volatilità, sempre attesa, del 17%. Un premio di rendimento di oltre il 5% in più rispetto ai Gilt decennali che offrono un rendimento oggi del 4,2%. Esistono diversi indici per replicare la borsa inglese. E di conseguenza diversi ETF.
Investire sul mercato del Regno Unito con gli ETF
Indici Msci, Ftse, Morningstar, S&P, c’è solo l’imbarazzo della scelta per una delle aree geografiche più intrise di finanza ed internazionali del mondo.
Utilizzando come abbiamo fatto per tutte le altre piazze azionarie analizzato in questa speciale serie dedicata alle borse più sottovalutate del mondo l’indice Msci, scopriamo che in euro dal 1998 la borsa britannica ha fatto peggio delle borse mondiali di circa il 2% (3,9% vs 5,9% annuo composto). Negli ultimi 10 anni, complice la Brexit e la svalutazione della sterlina, la performance è addirittura stata dimezzata (5% vs 10% annuo composto).
Gli unici elementi degni di nota sono una volatilità simile a quella degli indici mondiali e un rapporto tra dividendi e prezzi molto interessante e utile per chi cerca prodotti in grado di fornire rendite periodiche. Il rapporto dividend yield della borsa inglese è infatti di 3,7% contro il 2% di un indice mondiale.
Ovviamente il rischio cambio sta remando dal 2016 in senso opposto, con una svalutazione che non ha rappresentato un boost decisivo vista la presenza di moltissime multinazionali quotate sulla borsa londinese che non sono così dipendenti dalle politiche sui cambi. Secondo lo schema dell’analisi per stile emerge che l’indice Msci UK è decisamente orientato al fattore bassa volatilità e sottopesato per quello che riguarda il fattore “size”.
Su 79 società il 52% è coperto dalle top ten con AstraZeneca Shell al 9%, Hsbc, Unilever e Diageo al 5%.
Abbastanza equilibrata la distribuzione settoriale con beni di consumo e finanziari attorno al 20%, seguiti da energetici/materie prime e farmaceutici al 14% e industriali al 10%.
L’ETF più capitalizzato quotato sul mercato italiano e che replica l’indice Msci è quello di Ubs Msci UK, mentre il maxi ETF di iShares (oltre 12 miliardi di euro di masse amministrate), per appena 7 punti base all’anno replica l’indice principale Ftse 100 che però contiene solo le 100 società a più elevata capitalizzazione.
Non cambia granché dal punto di vista della ripartizione settoriale seppur con pesi leggermente diversi. Poche variazioni anche per quello che riguarda le top ten che rappresentano il 50% del paniere.
Un rapido confronto statistico a 5 anni ci dice che le performance sono allineate con un quasi perfetto 25% per entrambe gli ETF (Ubs e iShares) dopo un lustro.
Per chi vuole investire nella sottovalutata borsa inglese c’è solo l’imbarazzo della scelta. Esistono infatti declinazioni varie su small cap, aristocratici del dividendo, ESG e altro ancora garantendo una maggiore diversificazione a quello che rimane uno dei mercati azionari più importanti al mondo.
I 10 ETF azionari più sottovalutati del mondo: tutte le puntate