Terza puntata di questa serie dedicata alle borse mondiali con le valutazioni più a sconto secondo il CAPE di Shiller, quindi secondo quel rapporto che misura la convenienza di certi mercati grazie ad un basso valore di rapporto prezzo utili aggiustato per il ciclo economico.
La terza tappa del viaggio ci porta in Cina, un mercato emergente sempre più “pesante” all’interno degli indici visto che ricopre ormai oltre un terzo del più generico Msci Emerging Market.
Dopo Polonia ( I 10 ETF azionari più sottovalutati del mondo: Polonia) e Turchia ( I 10 ETF azionari più sottovalutati del mondo: Turchia), la borsa cinese è quella più “cheap” con un CAPE di 11 che testimonia la diffidenza con cui i mercati guardano alle azioni cinesi oggetto negli ultimi anni di una costante invadenza nella governance societaria da parte del governo cinese. Il timore di misure volte a limitare il libero mercato e l’incertezza nella tutela giuridica degli stessi azionisti provoca un forte sconto rispetto a quello che sarebbe l’ipotetico fair value del listino cinese.
Secondo Research Affiliates, le metriche del CAPE portano a stimare un rendimento annuo composto del 11% nella prossima decade a fronte di una volatilità che sfiorerebbe il 30%. L’inflazione molto bassa comprime anche i rendimenti obbligazionari domestici rendendoli meno competitivi in termini relativi rispetto ai mercati azionari. Un decennale cinese infatti offre meno del 3%, un premio di poco superiore al rapporto tra prezzo e dividendo dell’indice Msci China, attualmente al 2,2%.
Msci China: risultati sotto la media ma prospettive interessanti
L’indice Msci China è quello più replicato con ETF. Il motivo è da ricercare nella sua capacità di includere oltre 700 azioni che coprono l’85% dell’universo azionario cinese quotato. Msci pubblica questo indice dal 1992 e il rendimento annuo offerto negli ultimi 30 anni dall’equity cinese è stato modesto. Appena l’1,3% annuo composto contro il 6,6% dell’azionario emergente aggregato a fronte di una volatilità simile.
Impossibile sintetizzare in un solo articolo tutti gli ETF quotati sul mercato italiano che hanno ormai raggiunto un numero di 50. Diversi quelli tematici e specializzati, ma se andiamo ad analizzare quelli con capitalizzazione di mercato sopra i 500 milioni di euro troveremo solo replicanti dell’indice Msci China.
iShares con il suo Msci China ETF la fa da padrona con un ETF da quasi 3 miliardi di euro di masse amministrate. Costo superiore alla media (0,4% annuo), l’ETF ha chiuso il 2022 con un calo del 22% mentre a distanza di 3 anni raccoglie un incremento di valore del 13%.
Oltre 500 i titoli presenti all’interno dell’ETF; finanza, beni di consumo, industria e tech si spartiscono in parti quasi uguali il 60% del paniere. ETF ben diversificato quanto a numero di società con la sola Moutai a spiccare sopra il 2,5% visto il peso di quasi il 6% sull’intero portafoglio.
Sempre iShares offre un ETF che replica l’indice Msci China ma a cambio coperto (Eur hedged).
L’andamento dell’indice Msci China non lascia dubbi sul terremoto provocato non tanto dalla pandemia, ma dalla guerra in Ucraina con il rallentamento globale che ha colpito duramente una Cina che rischia la deflazione e un tasso di crescita inferiore al 5% obiettivo.
La possibilità però di agire sulla leva monetaria, combinato ad un ridimensionamento nel prezzo di alcune materie prime (come il petrolio e il ferro), in prospettiva potrebbero favorire le borse cinesi. Tecnicamente la reazione e il ritorno sopra la linea di tendenza di lungo periodo fa sperare in un’effettiva capacità di ripresa che, combinata a basse valutazioni, mettono di diritto le borse cinesi tre le più interessanti della decade in corso.
I 10 ETF azionari più sottovalutati del mondo: tutte le puntate